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Cronaca
14 Giugno 2025 - 18:22
Rosaria Boccia con l'ex Ministro Sangiuliano
Tutto comincia da una segnalazione, da un servizio televisivo e da un sospetto che si trasforma rapidamente in un caso nazionale. Al centro della vicenda c’è una tesi di laurea in Economia e Management, discussa nel 2020 da Maria Rosaria Boccia presso l’Università Telematica Pegaso. Un elaborato che, secondo quanto emerso, risulterebbe identico a una tesi discussa l’anno precedente alla LUISS Guido Carli di Roma: titolo, struttura, capitoli, fino alle conclusioni. Un duplicato perfetto.
Ma contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è stata un’inchiesta esterna a smascherare il presunto plagio. È stata la stessa Università Telematica Pegaso a presentare denuncia.
Lo ha chiarito con una nota ufficiale diffusa il 13 giugno 2025: “L’inchiesta è stata avviata a seguito di una denuncia presentata dall’Ateneo, che risulta parte lesa nella vicenda”.
La Procura di Napoli, si precisa, “ha richiesto la documentazione necessaria senza procedere ad accessi invasivi”.
L’Ateneo aveva infatti attivato già nel settembre scorso un’indagine interna, all’indomani della messa in onda di un servizio televisivo in cui si sollevavano dubbi sull’autenticità della tesi. Nel rispetto dei principi di correttezza e trasparenza, la Pegaso ha avviato immediatamente le verifiche tramite gli strumenti ufficiali, tra cui il software antiplagio Turnitin Originality, confermando l’effettiva corrispondenza tra i due elaborati.
L’università ha quindi scelto con fermezza di tutelare il proprio nome e il proprio operato presentando una formale denuncia. Una decisione in linea con “la nuova gestione dell’Ateneo, improntata al rispetto della legalità e alla piena collaborazione con le autorità”, come ribadito nella nota.
Da quel momento la Procura ha aperto un fascicolo che ipotizza reati quali falso ideologico, truffa ai danni di ente pubblico e appropriazione indebita di opera intellettuale. Le indagini della Guardia di Finanza si sono estese anche ad altri aspetti del percorso accademico della signora Boccia, tra cui una presunta laurea alla Parthenope mai confermata ufficialmente, e un ruolo di docente alla Federico II che l’ateneo napoletano smentisce in modo categorico: “Non risulta alcuna docente o collaboratrice a nome Maria Rosaria Boccia nei nostri registri”.
Da parte sua, Maria Rosaria Boccia ha scelto una linea difensiva aggressiva. In diverse dichiarazioni pubbliche ha parlato di persecuzione mediatica e caccia alle streghe, annunciando querele contro giornalisti e testate. Rivendica inoltre di essere parte lesa in un’inchiesta per stalking e afferma di aver denunciato abusi nella gestione di fondi pubblici.
Ma al di là delle sue difese, un dato è certo: l’Università Telematica Pegaso ha agito tempestivamente, con trasparenza e nel pieno rispetto delle regole, dimostrando di non voler tollerare alcuna violazione all’interno del proprio sistema. In un panorama accademico in cui la digitalizzazione impone sfide nuove e complesse, la scelta di autodenunciarsi, riconoscendosi parte lesa, segna un atto di responsabilità e un chiaro segnale di discontinuità.
Il caso Boccia, dunque, non mette in discussione l’affidabilità dell’ateneo, ma al contrario ne sottolinea la capacità di intervenire in modo autonomo e determinato quando emergono criticità. In attesa che la magistratura faccia piena luce sui fatti, resta il valore di un gesto istituzionale che riafferma il principio fondamentale secondo cui l’università non è luogo di scorciatoie, ma presidio di legalità e merito.
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