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LIVORNO FERRARIS. Assumeva stranieri... ma non li faceva lavorare e loro ottenevano visti e permessi di soggiorno

LIVORNO FERRARIS. Assumeva stranieri... ma non li faceva lavorare e loro ottenevano visti e permessi di soggiorno

LIVORNO FERRARIS. Ha patteggiato una pena di un anno e 10 mesi Carmelo Paterniti, imprenditore livornese indagato per falso e per aver infranto le norme del Testo unico sull’immigrazione in materia di falsi rapporti di lavoro.

Titolare di una ditta individuale di Livorno Ferraris che si occupava di recupero di abiti usati, aveva assunto decine di persone. Nonostante le dimensioni dell’impresa, alle sue dipendenze risultavano parecchi lavoratori, soprattutto stranieri.

Un’indagine del reparto operativo dei carabinieri di Vercelli insieme al nucleo dell’Ispettorato al lavoro ha portato alla luce un meccanismo per cui, secondo le accuse, venivano attestati falsi rapporti di lavoro che permettevano poi agli stranieri di ottenere documenti come visti di ingresso o permessi di soggiorno.

I lavoratori individuati ed indagati sono una quarantina, provenienti soprattutto da Paesi africani. Secondo le ricostruzioni di inquirenti ed investigatori il meccanismo andava avanti almeno dal 2015.

Paterniti, assistito dagli avvocati Fabio Merlo ed Enrico Terzago, ha patteggiato la pena e dovrà svolgere lavori di pubblica utilità per tre mesi per il Comune di Tricerro. Così la sua posizione all’interno del procedimento si è chiusa.

Le indagini hanno ricostruito un meccanismo con cui commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale, uffici appositi e questure, con i loro pubblici ufficiali, venivano in sostanza ingannati dalla presentazioni di documenti che comportavano il successivo rilascio di visti di ingresso o reingresso, permessi, contratti e carte di soggiorno o loro rinnovi.

Tutti ideologicamente falsati perché rilasciati sulla base di documentazione, legata ai rapporti di lavoro, fasulla. Secondo le ricostruzioni gli stranieri che risultavano assunti non lavoravano quasi mai per la ditta, ma al contrario erano invece loro a pagare un “obolo” al titolare.

Nel registro degli indagati è finita anche una donna che si occupava della documentazione: è indagata per esercizio abusivo della professione. Secondo le accuse la donna, già radiata dall’Albo dei commercialisti ed esperti contabili, non era neppure mai stata iscritta all’albo dei consulenti del lavoro ma per la ditta di Paterniti si occupava di redigere e trasmettere i modelli di assunzione e cessazione dei rapporti di lavoro, contratti e buste paga.

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