Un risultato a due facce, un 5 a 2 che certifica una nuova vittoria elettorale ma non ha certo il sapore del trionfo: il Pd di Matteo Renzi supera il giro di boa delle Regionali con qualche problema interno in più ed un'emorragia di voti che, rispetto alle Europee dei record, tocca i 2 milioni. Ma i vertici Dem rivendicano una vittoria che, sommata alle ultime Regionali, consegna alla leadership renziana 10 Regioni su 12 mentre il premier, che all'indomani del voto vola dai militari italiani in Afghanistan senza partecipare alla conferenza stampa organizzata dal partito, ostenta comunque sicurezza parlando tramite una nota: "Risultato molto positivo, andiamo avanti con ancora maggiore determinazione". Una determinazione che, tuttavia, dovrà vedersela con un'opposizione più forte: quella del M5S, che si conferma seconda forza, e quella della Lega, catalizzatore di voti in un centrodestra che ribadisce le difficoltà di una FI lacerata dalle divisioni. Enrico Rossi in Toscana, Luca Ceriscioli nelle Marche, Michele Emiliano in Puglia danno al Pd le vittorie più nette mentre fatica, in Umbria, Catiuscia Marini che solo al fotofinish supera (con un distacco di 3,5 punti) Claudio Ricci, sostenuto da tutto il centrodestra. Fronte unito, nei moderati, anche per quel Giovanni Toti che spicca come vera sorpresa delle Regionali, in una Liguria segnata dalla scissione a sinistra di Luca Pastorino e dove, con la sconfitta di Raffaella Paita, i livori post-voto nel Pd superano il livello di guardia. Nettissimo, in Veneto, il trionfo del leghista Luca Zaia che doppia Alessandra Moretti e oltrepassa indenne la scissione di Flavio Tosi. Mentre in Campania Vincenzo De Luca supera Stefano Caldoro, rivelandosi più forte della 'black list' dell'Antimafia e della spada di Damocle della sospensione prevista dalla legge Severino. Generale, invece, è la crescita dell'astensionismo: alle urne, domenica, si è recato un italiano su due: il 53,9%, dieci punti in meno rispetto alle Regionali del 2010. Dati sul quale anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella invita ad una riflessione: "Le discussioni, la dialettica anche acuta, sono preziose, ma le liti esasperate contribuiscono a creare sfiducia e allontanano la partecipazione dei cittadini". E generale è anche la perdita di consenso nel Pd: lontano il 40,8% delle Europee per un partito che, con il 25,2%, non arriva neppure ai livelli bersaniani del 2010 (25,7%). Ma al Nazareno, i vertici dem fanno squillare le trombe del trionfo. "E' una vittoria chiara e netta. Il M5S è irrilevante", evidenzia la vicesegretaria Debora Serracchiani mentre il presidente del Pd, Matteo Orfini, non nasconde "l'amarezza" per l'esito ligure e per una "sinistra irresponsabile". E la richiesta di un riflessione, alla luce del voto, tra i Dem arriva da più parti: lunedì prossimo una direzione ad hoc affronterà il tema mentre Renzi ribadisce di voler tirar dritto anche "nel processo di rinnovamento del partito". Toni trionfalistici arrivano anche dall'unica formazione in crescita di consensi, la Lega. "Renzi, stiamo arrivando", tuona Matteo Salvini proponendosi come "unica alternativa" al premier, lanciandogli la sfida "a livello nazionale" e certificando la sua Opa nel centrodestra: "Berlusconi i numeri li sa leggere". Ma Salvini, è la replica che arriva da FI, non potrà catturare tutto il fronte moderato senza l'apporto di Silvio Berlusconi e degli azzurri. Un accordo, insomma, si rende necessario anche se difficilmente potrà comprendere quell'Area Popolare che, nelle ore del post-voto, chiede al suo alleato di governo di cambiare l'Italicum, aprendo alle coalizioni. Anche perché, con questa legge elettorale, sarebbe il M5S a contendersi il primato, al secondo turno, con il Pd. Secondo partito in Liguria, Puglia, Marche e Umbria, i 5 Stelle riducono il proprio consenso rispetto alle Europee ma, sostanzialmente, si confermano come primo avversario di Renzi. E Beppe Grillo esulta: "Il prossimo ringraziamento sarà alle politiche. Un giorno del ringraziamento con il tacchino del Pd nel forno".
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