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Favria
03 Giugno 2023 - 15:29
Kosovo
Il nome attuale Kosovo ha origine dalla località della Piana dei Merli, Fushe Kosove in albanese, Kosovo Polje in serbo a 8 km sud-ovest di Pristina, teatro della battaglia omonima del 1389. In serbo Kosovo Polje significa, alla lettera, Campo del merlo o Piana del merlo, essendo kosovo la forma declinata possessiva della parola slava e serba Kos, merlo, ossia del merlo. Questo toponimo è diffuso in ambito slavo, sino alla Bielorussia, è di origine slavo-serba, non avendo alcun significato proprio in albanese, che ne ha fatto un prestito, limitandosi a tradurre campo in Fushe, ma non merlo, che in albanese è cave, e a mutare la vocale finale in Kosove. Il toponimo più antico della regione è Dardania, dal proto-albanese dardhe, pera, dove abitava la tribù illirica dei Dardani, da cui prese il nome. Esso è ancora utilizzato, seppur attualmente non ufficialmente, dagli albanesi dello Stato kosovaro. In età medievale il Kosovo fu il cuore dello stato serbo dei Nemanja e dell’impero di Stefano Dušan. Conquistato dai Turchi ottomani dopo la battaglia della Piana dei Merli del 1389, acquisì valore simbolico nella tradizione culturale dei Serbi e di altri popoli balcanici e fu oggetto di una letteratura eroica, la cui riscoperta nel 19° sec. alimentò lo sviluppo dei movimenti nazionali slavo-meridionali; a questa tradizione si riferirono gli autori dell’attentato contro Francesco Ferdinando d’Asburgo del 1914. Nel corso dei secoli, d’altra parte, la composizione demografica del K. era mutata a favore degli Albanesi e nel 1878 si sviluppò qui il primo embrione del movimento nazionale albanese con la costituzione della Lega di Prizren. Dopo la prima guerra balcanica del 1912, il Kosovo fu annesso alla Serbia; nel 1918 entrò a far parte della Iugoslavia e nel 1941 fu unito all’Albania sotto l’egida italiana. La vittoria di Tito in Iugoslavia sanzionò il ritorno del Kosovo alla Serbia, con lo status di regione autonoma. Tito, il quale, in un’ottica di equilibri e mediazioni, riteneva che nel quadro della nuova Iugoslavia comunista non si dovesse esaltare in nessun caso alcun primato nazionale serbo, non fu indifferente alle richieste di autonomia da parte degli albanesi del Kosovo. Nel 1974 concesse al Kosovo una nuova Costituzione che riconosceva alla provincia il carattere di “elemento costitutivo della Federazione”, la legittimità di un autonomo governo locale e l’istituzione della bandiera. La Costituzione del 1974 alimentò però il malcontento della minoranza serba. I contrasti fra i due gruppi etnici e lo sviluppo del nazionalismo serbo crebbero nel corso degli anni 1980. Alla fine del 1987, con la presa del potere in Serbia da parte di Milosevic, le tensioni in Kosovo aumentarono ulteriormente. La nuova Costituzione adottata dalla Serbia nel 1989 ridusse fortemente l’autonomia del Kosovo e iniziò una forte campagna di serbizzazione di tutte le istituzioni kosovare. In risposta, nel 1991 si costituì in Kosovo uno Stato albanese parallelo, guidato da Rugova, presidente della Lega democratica del Kosovo, LDK, e, dopo un referendum, venne proclamata la Repubblica del Kosovo riconosciuta solo da Tirana, Albania. Nel 1997 alcune zone rurali erano sotto il controllo dei separatisti del Kosovo e per combatterli Milosevic autorizzò una feroce campagna repressiva, con stragi e deportazioni compiute dalle milizie serbe e da truppe paramilitari. Il fallimento di ogni accordo fra le opposte parti e del negoziato convocato dai Francesi a Rambouillet, determinò l’inizio dell’attacco NATO contro la Iugoslavia che, iniziato nel marzo 1999, si concluse a giugno, quando Belgrado accettò il piano di pace proposto dai paesi del G8, con l’invio di truppe NATO. La risoluzione 1244 dell’ONU pose il K. sotto il controllo provvisorio di un organismo internazionale, l’UNMIK, United Nations Interim Administration Mission in Kosovo, mentre, riguardo allo statuto della provincia, ne auspicava l’autonomia pur ribadendo la sovranità della Serbia. Il ritardo con cui l’UNMIK divenne realmente operativa non contribuì a riportare stabilità nella vita civile; ne fu favorita, al contrario, la criminalità organizzata che, nel vuoto politico e giuridico venutosi a creare, poté intensificare e ramificare le sue attività, traffico di armi, di droga e di esseri umani. Le forze di sicurezza internazionali non riuscirono a sedare i conflitti interetnici, riaccesisi immediatamente, e le vendette perpetrate dagli Albanesi, principalmente ai danni dei Serbi, ma anche dei Rom e di altre minoranze. Il nuovo assetto federale della Iugoslavia, ridenominata Repubblica federale di Serbia e Montenegro del 2003, lasciò inalterato lo statuto del Kosovo, riaccendendo le rivendicazioni di indipendenza da parte degli Albanesi. Intanto i negoziati sotto l’egida dell’ONU per la definizione dello status del Kosovo avevano continuato a vedere le due parti arroccate sulle rispettive posizioni: la richiesta di indipendenza da parte albanese non veniva accolta dai Serbi, disposti a concedere soltanto uno statuto di autonomia. In tale situazione di stallo il 17 febbraio 2008 il Parlamento del Kosovo ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza del paese, e nel giugno dello stesso anno è entrata in vigore la costituzione. Nonostante il Kosovo sia stato riconosciuto da 74 stati nel mondo, tra cui l’86% dei membri della Nato e l’81% di quelli dell’Eu, permangono l’opposizione di alcune grandi potenze , Russia, Cina, India, Brasile. Nel settembre 2020 il presidente serbo Vucic e il primo ministro del Kosovo Hoti hanno firmato alla Casa Bianca uno storico accordo per la normalizzazione dei rapporti economici tra i due Paesi balcanici, che prevede la loro cooperazione per attrarre investimenti e creare posti di lavoro in alcuni settori, mentre nell'agosto 2022, dopo un lungo periodo di tensione prodotto da nuove norme transfrontaliere imposte dalle autorità serbe, è stato raggiunto un accordo sulla libertà di circolazione tra i due Paesi; nel marzo 2023 Pristina e Belgrado hanno accettato il piano dell’Unione Europea per la normalizzazione delle loro relazioni, che dovrà essere firmato e implementato. Ciò nonostante, violenti scontri si sono verificati nel maggio 2023 tra forze Nato e manifestanti serbi a seguito delle elezioni municipali che hanno portato all'elezione, ritenuta illegittima dall'etnia serba, astenutasi dal voto con l'appoggio di Belgrado, di sindaci albanesi.
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