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SAN GIORGIO. Ottanta produttori da tutta Italia ma San Giorgio presenta il fagiolo piattella

SAN GIORGIO. Ottanta produttori da tutta Italia ma San Giorgio presenta il fagiolo piattella

Ottanta aziende italiane provenienti da tutta Italia per far conoscere i loro prodotti. Ma San Giorgio, paese padrone di casa, sarà presente alla manifestazione con il suo prodotto tipico per eccellenza: la piattella canavesana della frazione di Corteggio.

Sì, ma cos’è?

La Piattella Canavesana di Cortereggio è un fagiolo bianco rampicante con granella di forma piatta tronco-reniforme di media pezzatura (peso mille semi gr 700 circa). Da sempre coltivato nel comune di San Giorgio Canavesese è nella frazione di Cortereggio che trova la sua massima espressione grazie alla presenza di un terreno particolarmente sabbioso, dovuto probabilmente alla vicinanza con il torrente Orco.

La Piattella si contraddistingue per la sottigliezza della sua buccia, pressochè impercettibile al palato e molto delicato. Tipicamente cucinato nelle “tofeje” di terracotta con le cotiche di maiale, viene oggi spesso associato a piatti di pesce data appunto la sua delicatezza. Molti esperimenti sono poi stati effettuati, si ricorda infatti il gelato e la pasta con farina di Piattella.

Questo fagiolo, costituiva per i cortereggesi, fino alla metà del secolo scorso, la principale fonte di sostentamento. Utilizzato negli scambi commerciali con i territori delle langhe era coltivato da tutte le famiglie in associazione al granoturco. I vantaggi erano molteplici, dal risparmio del terreno coltivato (in uno stesso campo c’era infatti spazio per due colture), alla funzione del mais come tutore naturale per il fagiolo, dallo scambio di sostanze nutrienti nel terreno che giovano l’una con l’altra, alla protezione dagli agenti atmosferici che le foglie del granoturco offrono alla Piattella. La coltivazione di Piattella, sempre più difficoltosa, è stata progressivamente abbandonata fino a rischiare l’estinzione.

Fortunatamente grazie all’agronomo Mario Boggio, che negli anni Ottanta aveva depositato un quantitativo di semi nella Banca del Germoplasma, e grazie al lavoro dell’associazione nata per la valorizzazione di questo fagiolo, la coltivazione, nel 2010 ha potuto riprendere. Effettuata ancora oggi a mano come allora, viene prodotta da una Cooperativa di Produttori e riassaporata e riscoperta grazie al forte legame che aveva lasciato con il territorio e con la comunità cortereggese.

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