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"Vivere vuol dire servire": Silvio Geuna, la voce della Resistenza torna dalle celle del Castello di Ivrea

Dopo cinquant’anni torna in libreria “Le rosse torri di Ivrea”, il diario scritto nella prigionia del 1944 dal partigiano e padre costituente Silvio Geuna. Una testimonianza autentica, umana, struggente. La cattura, il processo, la condanna all’ergastolo e la speranza che sopravvive oltre le sbarre. Un documento vivo, ironico e profondo, tra memorie di lotta e sogni di libertà mai sopiti.

Silvio Geuna

Silvio Geuna

Silvio Geuna, eroe della Resistenza, cittadino onorario di Torino e figura di primissimo piano dell’antifascismo piemontese, torna oggi a parlare alle nuove generazioni attraverso la riedizione del suo libro “Le rosse torri di Ivrea – Le «mie Prigioni» di un combattente della Resistenza”, pubblicato per la prima volta nel 1977. Un ritorno importante, a quasi mezzo secolo di distanza, che riaccende i riflettori su una testimonianza vibrante e intensa, nata nel buio di una cella del Castello di Ivrea.

Nella prefazione firmata dallo storico e giornalista Andrea Parodi, la figura di Geuna emerge con chiarezza: dirigente del Comitato Militare del CLN piemontese, venne arrestato il 31 marzo 1944 nel Duomo di Torino insieme ad altri esponenti della Resistenza, tra cui Valdo Fusi. Fu sottoposto al celebre Processo di Torino, al termine del quale venne condannato all’ergastolo. Durante la lettura della sentenza, Geuna, scapolo, chiese di essere fucilato al posto del generale Perotti: la richiesta fu respinta, ma resta simbolo di una dedizione assoluta alla causa.

Nella sua vita, Silvio Geuna è stato Padre Costituente, deputato, assessore del Comune di Torino e caporedattore della sede RAI torinese. Per il suo impegno ha ricevuto la Medaglia d’argento al Valor Militare e due Croci al Merito di Guerra per attività partigiana.

Il libro è un diario in forma narrativa, scritto nei mesi di prigionia a Ivrea nel 1944. Quelle pagine, messe su carta trent’anni dopo, raccontano con lucidità, ironia e dolore le giornate trascorse in isolamento, gli interrogatori, la convivenza con i detenuti comuni e infine la rocambolesca evasione. Ma sono anche un’occasione per riflettere sull’infanzia, sulla giovinezza, sui sogni di un’Italia nuova immaginata dietro le inferriate galeotte e solo parzialmente realizzata.

silvio

Silvio Geuna

La prefazione – amara e attualissima – tradisce la delusione di chi ha lottato per un futuro migliore e si ritrova a constatare quanta parte di quel sogno sia rimasta disattesa. Eppure, il cuore del libro è altrove: nel tono vivo e variegato, nei momenti di ironia che emergono persino nella routine del carcere, nei ricordi colmi di poesia, nelle pause di introspezione e spiritualità. E soprattutto nel ritratto di un uomo impulsivo, combattivo, capace di amare anche chi sbaglia, purché resti umano.

Vivere significa servire: è il principio che guida ogni pagina, ogni episodio, ogni parola scritta da Silvio Geuna. Un messaggio che, oggi come allora, ha ancora molto da insegnare.

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