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Chivasso
14 Luglio 2023 - 10:08
Gli indumenti della grande raccolta possono alimentare il mercato nero.
“Grande raccolta: indumenti, biancheria, borse, scarpe, cinture, coperte, lenzuola e tendaggi, il tutto in buono stato” recita un volantino, distribuito in centinaia di copie in città. Inoltre, appese al portone di diverse abitazioni, vi sono delle locandine che ripropongono la stessa tematica con l’aggiunta di “scarpe, borse, elettrodomestici e giocattoli”.
La raccolta in questione – riportano entrambi i cartacei a lettere cubitali – avverrà a Chivasso VENERDI’ dalle ore 8… Ma chi sarà mai l’artefice di questa iniziativa? Si chiedono in molti. Se andiamo a leggere dalla prima all’ultima riga, non ci è proprio dato di sapere. Una cosa è certa: la ‘raccolta’ è sospetta…
Ad avvalorare i nostri dubbi vi è anche un avviso da parte dell’Assessore Fabrizio Debernardi che su FB posta: “Attenzione! Oggi sui portoni di casa dei chivassesi sono apparsi questi volantini. Non sono stati autorizzati da nessuno e soprattutto non c'è un riferimento di chi sono”. Di fatto sembrerebbe una raccolta non autorizzata ma, al contempo, non apparendo alcuna dicitura che fa riferimento ai rifiuti, allora questa sembrerebbe essere del tutto legittima in quanto si raccolgono prodotti usati. Ma fino a che punto?
Per capire la dinamica e la legittimità di tali iniziative abbiamo interpellato Andrea Fluttero, ex sindaco di Chivasso, nonché presidente della cooperativa sociale “Lavoro e Solidarietà” di Verolengo, una realtà seria e consolidata che si occupa, da oltre 20 anni, di coniugare la realizzazione di servizi ecologici integrativi a quelli standard con la creazione di posti di lavoro, in particolare per soggetti svantaggiati residenti sul territorio, puntando sul settore della raccolta differenziata della frazione tessile dei rifiuti urbani.
“Il meccanismo che sta dietro a questa tipologia di ‘iniziative’ – spiega Andrea Fluttero - è molto semplice: in passato scrivevano che la raccolta era a scopo benefico, oppure che il ricavato veniva investito per un canile o altre realtà, mentre oggi questi soggetti si sono ulteriormente affinati”. In pratica, sintetizza Fluttero, “sui volantini non sono riportate diciture sulla destinazione del materiale raccolto, così nessuno lì può incolpare per aver riportato il falso e se i prodotti usati non vengono classificati come rifiuti allora la raccolta non deve essere autorizzata”.
Nel mondo dei rifiuti invece, commenta Fluttero, “qualsiasi tipo di raccolta per legge è di competenza dei Comuni o dei soggetti autorizzati a cui viene assegnata questa attività sempre da parte dei Comuni. Nel chivassese, ad esempio – specifica Andrea Fluttero - è SETA. In questi casi, necessitano tutta una serie di autorizzazioni alla raccolta: i mezzi di trasporto, ad esempio, devono essere iscritti ad appositi registri e vi è la tracciabilità tramite il MUD (Modello Unico Dichiarazione Ambientale), il quale si articola in sei comunicazioni che identificano le tipologie di rifiuti per cui è necessario presentare il modello, detto anche formulario. In pratica – specifica il presidente di “Lavoro e Solidarietà” - è il documento che accompagna la tracciabilità dei rifiuti”.
Tornando al caso della raccolta menzionata sui volantini, quali sono le conseguenze di questo modus operandi? “Questi soggetti – commenta Fluttero – dopo la raccolta o fanno loro stessi una selezione del materiale recuperato o lo vendono ai selezionatori. In pratica – dettaglia l’ex sindaco di Chivasso – vi sono delle aziende di selezione, le quali separano le cose riusabili a seconda del livello qualitativo: vi è un riusabile di fascia molto alta, che può essere venduto nei nostri mercati occidentali, poi vi è una fascia meno alta destinato all’Europa dell’est o all’Africa del nord. Per sintetizzare, il materiale raccolto ha un valore e viene venduto verosimilmente in nero a questi selezionatori, andando così ad alimentare la filiera dell’illegalità…”.
Oltre al problema fiscale vi è anche quello ambientale. “Lo scarto – spiega Andrea Fluttero – ossia la parte che post selezione non è riusabile è plausibile, come a volte accade, che venga gettata chissà dove creando vere e proprie discariche abusive. Il motivo? Smaltire tale scarto ha un costo, circa 250 euro a tonnellata e, purtroppo qualcuno piuttosto che spendere un tale importo, getta gli scarti chissà dove”.
Ma allora come si possono arrestare queste tipologie di iniziative dai retroscena non prettamente legali? “Non si può intervenire sulla raccolta in sé – commenta Fluttero - perché come ho spiegato se si tratta di usato è fuori dal perimetro della gestione rifiuti. Servirebbe un’inchiesta della Guardia di finanza per intercettare i mezzi di raccolta e controllare dove le raccolte vengono scaricate. Trattandosi di un’attività probabilmente in nero, i soggetti non saranno in grado di esibire una ricevuta fiscale. La Finanza scoprirebbe quasi certamente una sorta di ‘realtà fantasma’”.
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