(Stralci dei servizi pubblicati il 29 settembre dal settimanale La Voce del Canavese, in edicola) La procura di Ivrea tira le somme dell'inchiesta sulle morti da amianto negli stabilimenti della Olivetti. A 39 persone che a partire dagli anni Sessanta hanno ricoperto incarichi dirigenziali e di vertice nella società e nelle sue articolazioni è stato notificato il rituale avviso di chiusura indagine. Fra i destinatari del provvedimento ci sono Carlo De Benedetti, che fu amministratore delegato e presidente del Consiglio di amministrazione dal 1978 al 1996, il fratello Franco, i figli Marco e Rodolfo, e poi l'ex ministro Corrado Passera e l'imprenditore Roberto Colaninno. Si procede per la morte di quattordici ex lavoratori, dovuta secondo l'indagine al contatto con le fibre d'amianto, e per un caso di lesioni colpose. Nell'atto, firmato dai pm Gabriella Viglione e Lorenzo Boscagli, si fa presente che "al momento" la procura eporediese "non intende richiedere l'archiviazione". "Carlo De Benedetti ribadisce con forza la propria totale estraneità ai fatti - si legge in una nota diffusa dal suo portavoce - e attende con fiducia le prossime fasi del procedimento nella convinzione che all'esito di questa complessa indagine svolta dai pubblici ministeri, una volta al vaglio del giudice, possano essere chiariti i singoli ruoli e le specifiche funzioni svolte all'interno dell'articolato assetto aziendale della Olivetti. Nel ribadire la propria vicinanza alle famiglie degli operai coinvolti, l'ingegner De Benedetti ricorda ancora una volta che, nel periodo della sua permanenza in azienda, l'Olivetti ha sempre prestato attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, con misure adeguate alle normative e alle conoscenze scientifiche dell'epoca". L'inchiesta eporediese disegna, per la storica fabbrica di macchine per scrivere fondata nel 1908 da Camillo Olivetti e poi diventata un'industria di elettronica e informatica, un panorama di violazioni nelle norme in materia di sicurezza. Il procuratore di Ivrea, Giuseppe Ferrando, parla di "carenze nella prevenzione". L'amianto si annidava nel talco utilizzato per il montaggio degli apparecchi e soprattutto in vari punti degli stessi capannoni, fra le tubature a vista e i rivestimenti di pareti e soffitti. La manutenzione non era accurata, le fibre si disperdevano nell'ambiente e i lavoratori, privi di adeguate informazioni, non venivano dotati di mezzi di protezione personale sufficienti. I magistrati mettono l'accento soprattutto sulla questione ritardi. Nel 1974 l'azienda formò una Commissione permanente e nel 1977 elaborò un documento sull'uso dell'amianto che però non faceva cenno all'"amianto strutturale". Il talco contaminato venne sostituito solo nel 1986. Nel locale mensa di via Jervis, dove l'amianto era presente in "materiale friabile", fino al 1988 e non si adottarono "misure igieniche che consentissero ai lavoratori di mangiare, bere e sostare senza rischio di contaminazione". Non si ammalarono soltanto operai, elettricisti, addetti alla verniciatura o ai trattamenti termici: c'è anche il caso (lesioni colpose) di Bruna Luigia Perello, colpita da un mesotelioma "insanabile". La donna era un'impiegata amministrativa, aveva incarichi da scrivania. A fine carriera, per esempio, lavorava al Centro Studi Olivetti. Ma l'amianto era anche in quegli uffici, nascosto nell'intonaco. Gli indagati, ora, possono chiedere di essere ascoltati, presentare memorie, proporre di svolgere altre indagini.
C’è un fascicolo bis
C'è una secondo fascicolo nell'inchiesta sulle morti da amianto alla Olivetti. Lo ha aperto la Procura di Ivrea e vi stanno confluendo altri casi di patologie di sospetta origine professionale. Almeno sei, che si aggiungono ai quindici - la morte di quattordici persone e la gravissima malattia di una quindicesima - per i quali nei giorni scorsi è stato notificato a 39 persone il rituale avviso di conclusione indagini. Non una nuova inchiesta, dunque, ma un 'Olivetti bis', per non rallentare il corso del procedimento principale e, al tempo stesso, proseguire gli accertamenti. Ad essere colpiti dalle patologie per le quali i magistrati eporediesi indagano, ovvero mesotelioma pleurico e mesotelioma peritoneale, sono anche in questo caso lavoratori della Olivetti adibiti a varie mansioni. Dal montaggio delle macchine per scrivere alla manutenzione delle macchine utensili, ma anche verniciatura e altro. Le fibre di amianto erano presenti nel talco utilizzato per alcune operazioni. Secondo le indagini, però, si disperdevano negli ambienti anche per le condizioni dei locali e per quella che il procuratore capo di Ivrea, Giuseppe Ferrando, ha definito "carenza di prevenzione". Omicidio colposo e lesioni colpose i reati ipotizzati anche nel fascicolo bis, gli stessi che compaiono nell'avviso di chiusura indagine notificato nei giorni scorsi a trentanove persone che, a partire dagli anni Sessanta, hanno ricoperto incarichi di vertice nella società e nelle sue articolazioni. Tra i destinatari del provvedimento di giovedì scorso Carlo De Benedetti (in foto), a.d. e presidente del Consiglio di amministrazione dal 1978 al 1996, che ha ribadito la sua "totale estraneità" ai fatti contestati; il fratello Franco e i figli Marco e Rodolfo. E poi l'ex ministro Corrado Passera e l'imprenditore Roberto Colaninno. L'elenco dei casi che vengono loro contestati potrebbe dunque allungarsi ancora. "Ricordo che nei rulli di gomma delle fotocopiatrici c'era della polverina bianca. E ricordo che arrivavo a casa con i vestiti sporchi di una polverina fastidiosa da lavare e pulire", ha raccontato nei giorni scorsi un ex lavoratore della Olivetti. "Ci sono stato per una vita, dal 1961 al 1991 - aggiunge - e nel 2011, dopo due visite, ho scoperto di avere un cancro alla pleura".
Carlo De Benedetti? Si faccia interrogare...
''La posizione di Carlo De Benedetti è la stessa di tutti gli altri amministratori. Le scelte di fondo passavano dal datore di lavoro, ovvero dall'amministratore e da tutto il consiglio. Non siamo di fronte a casi limitati, a una singola controsoffittatura, di cui è chiaro che il cda poteva non essere informato. Questa è una situazione diversa. Quando ti dicono che la produzione è a rischio amianto e che nelle controsoffittature di tutti i locali è presente l'asbesto, a quel punto sei stato informato''. Così Giuseppe Ferrando, procuratore di Ivrea. ''La colpa è di non aver saputo, quando invece bisognava sapere. Se noi avessimo contestato un dolo - spiega Ferrando - avremmo dovuto dimostrare la consapevolezza di compierlo degli indagati, ma nel caso dell'omicidio colposo, anche il fatto di non sapere può trasformarsi in reato''. ''Ora la palla passa agli indagati. Nel prosieguo del processo o in questa fase in cui le persone possono chiedere di essere interrogate, non è detto che uno non possa limitare, specificare, precisare quali fossero i propri compiti'', dice Ferrando. Alcuni indagati potrebbero uscire dall'inchiesta ''per esempio dimostrando di non aver avuto capacità di spesa. Se un dirigente ci dicesse: 'ho detto che serviva tot per fare quella bonifica, e mi hanno risposto soprassediamo, aspettiamo o vedremo', ebbene, a questo punto la sua responsabilità sarebbe tutta da ridiscutere''. Il problema, precisa Ferrando, è che le deleghe dei dirigenti ''non erano piene sia sotto il profilo della capacità giuridica che della capacità di spesa. Di fronte a una delega limitata si risale a chi ha dato quella delega. In questo caso al cda''. Carlo De Benedetti è interessato dall'indagine nella sua qualità di amministratore delegato e presidente dell'Olivetti dal 1978 al 1996; il fratello Franco come amministratore delegato dal 1978 al 1989, di vicepresidente dal 1989 al 1992 e di consigliere di amministrazione fino al 1993; il figlio Rodolfo come consigliere di amministrazione dal 1990 al 1997; l'ex ministro Corrado Passera come consigliere di amministrazione dal 1990 al 1996 e amministratore delegato dal 1992 al 1996. Colaninno è stato amministratore delegato a partire dal 1996. Camillo Olivetti è indagato nella veste di amministratore delegato fra il 1963 e il 1964 e di consigliere di amministrazione fino al 1981.
Le 15 vittime
La morte di quattordici persone e la gravissima malattia che ha colpito una quindicesima: di questo si è occupata la procura di Ivrea nell'inchiesta (terminata formalmente oggi) sulla presenza dell'amianto negli stabilimenti della Olivetti. Ad essere colpiti dalle patologie di sospetta origine professionale (mesotelioma pleurico, mesotelioma peritoneale) sono stati lavoratori adibiti a varie mansioni: montaggio delle macchine per scrivere, manutenzione delle macchine utensili, verniciatura e altro. Le fibre di amianto erano presenti nel talco utilizzato per alcune operazioni. Secondo le indagini, però, si disperdevano negli ambienti anche per le condizioni dei locali, compresa la mensa del comprensorio di via Jervis. Antonio Bergandi Giuditta, Maria Bretto, Marcello Costanzo, Aldo Enrico, Gansin Emilio, Ganio Mego, Antonio Merlo, Domenico Rabbione Vittore Risso, Francesco Stratta, Caterina Turino, Aldo Vallino, Silvio Vignuta, Luigi Mariscotti, Ancora in vita Bruna Luigia Perello, Pierangelo Bovio Ferassa.
Il racconto di Pierangelo Bovio Ferassa
"Ricordo che nei rulli di gomma delle fotocopiatrici c'era della polverina bianca. E ricordo che arrivavo a casa con i vestiti sporchi di una polverina fastidiosa da lavare e pulire". Questo è il racconto di Pierangelo Bovio Ferassa, 72 anni, di Brosso, ex lavoratore all'Olivetti. "Ci sono stato per una vita, dal 1961 al 1991. E nel 2011, dopo due visite, ho scoperto di avere un cancro alla pleura". Il nome di Bovio Ferassa compare nell'avviso di chiusura indagini notificato ieri dalla procura di Ivrea a 39 indagati per omicidio colposo. Per la malattia che lo ha colpito, infatti, i magistrati lo considerano "persona offesa" del reato di lesioni colpose che è contestato, fra gli altri, a Carlo De Benedetti. La "polverina bianca" alla quale l'uomo fa riferimento è probabilmente quella che, per i magistrati inquirenti, conteneva fibre di amianto. Bovio Ferassa è stato addetto al montaggio delle macchine per scrivere, ha operato prima nello stabilimento di Scarmagno e poi in quello di Agliè.
Il racconto di Bruna Luigia Perello
Ha subìto due calcaggi (operazione ai polmoni), ma l'ultimo intervento, quello a cui si è sottoposta in una clinica a Mestre nell'ottobre 2013 le ha permesso di essere ancora viva. E' la storia di Bruna Luigia Perello, 67 anni, ex impiegata Olivetti, tra i tanti casi accertati di ex impiegati che nel corso degli anni hanno contratto il mesotelioma pleurico. La malattia le fu diagnosticata nel settembre 2011 e da allora la sua vita è cambiata. Oggi, grazie ai medici veneti, vive con una protesi al diaframma. “Se sono ancora viva è grazie ai medici e vorrei che tanti malati, come me, si rechino nella clinica di Mestre. Là ci sono medici straordinari...” racconta. In compagnia del marito Orfeo Marozin nella sua bella casa sulla collina di San Martino Canavese, Bruna Luigia Perello lo dice chiaro e tondo: “Io non ho nulla contro l'azienda Olivetti. E' solo grazie all'azienda se ho avuto la possibilità di avere un bel lavoro e ben retribuito da potermi permettere una casa come questa. Io ce l'ho con chi avrebbe dovuto controllare. Punto il dito verso i responsabili della sicurezza degli uffici. Li voglio vedere in faccia in Tribunale. Mi chiedo come è stato possibile che non sapessero nulla. Erano state addirittura istituite le Sosl (un servizio interno per la verifica del rispetto delle normative in materia di sicurezza). A cosa servivano allora”. “Secondo i medici – continua - la mia malattia dovrei averla contratta nel 1988 quando mi trasferirono nelle officine H, ex Ico. Ricordo che nel mio ufficio c'erano pareti rivestite in fibre d'amianto e ogni mattina mi trovavo la scrivania coperta da quella polverina. Ricordo ancora quando, parlando con i colleghi dissi che qui ci saremo presi un malore. E non mi sono sbagliata. Purtroppo.... In Olivetti l'amianto era ovunque. Anche nei saloni della mensa”. Pensionata dal 2004, la sua carriera in Olivetti inizia nel settembre 1969 con l'assunzione nel capannone A dello stabilimento di Scarmagno. Terminata la maternità, nell'agosto del 1971 arriva il trasferimento a Palazzo Uffici, quartier generale Olivetti, nell'ufficio Titoli prima e all'ufficio Contabilità fino al 1977. Dal 1977 al 1988 un altro trasferimento, nuovamente a Scarmagno ma questa volta nel capannone B nel reparto dedicato al controllo di Gestione. “Qui ricordo che curavamo le piastre”. Infine ancora un trasferimento, nel reparto Produzione nel capannone D per poi concludere la carriera professionale presso le Officine H.
Tra gli indagati anche Giorgio Panattoni.
Renzo Alzati (Milano), Paolo Baratta (Milano), Cesare Baratti (Milano), Onofrio Bono (Torino), Giuseppe Caloggero (Milano), Roberto Colaninno (Mantova), Carlo De Benedetti (Dogliani), Marco De Benedetti (Torino), Rodolfo De Benedetti (Milano), Achille De Tommaso (Roma), Franco Debenedetti (Torino), Filippo Demonte (Borgofranco), Angelo Fornasari (Banchette), Roberto Frattini (Torino), Mario Gabrielli (Torre Boldone), Luigi Gandi (Torino), Umberto Gribaudo (Viverone), Vittorio Levi (Torino), Luisa Maria Lizier (Chiavari), Giuseppe Longo (Milano), Sergio Lupo (Mercenasco), Manlio Marini (Mestre), Camillo Olivetti (Torino), David Olivetti (Ivrea), Giorgio Panattoni (Ivrea), Anacleto Parziale (Como), Corrado Passera (Milano), Enrico Pesatori (Torino), Luigi Pescarmona (Ivrea), Elserino Piol (Milano), Luigi Pistelli (Ivrea), Silvio Preve (Ivrea), Maria Luisa Ravera (Ivrea), Piera Rosiello (Ivrea), Giampietro Saggini (Milano), Massimo Samaja (Milano), Paolo Smirne (Torino), Pierangelo Tarizzo (Piverone), Roberto Guido Vitale (Milano).
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