Il comandante Teppa mostra lo schermo su cui (in teoria) dovrebbero confluire le immagini delle telecamere
Ma ci pensate se le tanto elogiate telecamere, quelle sparse strategicamente sul territorio di San Mauro, quelle che dovrebbero farci dormire sonni tranquilli, fossero disattivate? Sarebbe una colossale figura di emme. Tranquilli, tranquilli, non è così: le telecamere sono tutte (tredici, in totale) accese. E funzionanti. Il problema è un altro. Il problema è che il monitor sul quale dovrebbero confluire tutte le riprese delle videocamere, situato all'interno del comando della Polizia Municipale di San Mauro, è spento. Già, spento. Nel senso che proprio non viene utilizzato. E sapete perché? Perché è piazzato in una stanza che quasi sempre è vuota. E allora, per tenerlo acceso tutto il giorno senza che nessuno lo controlli, tanto vale spegnerlo. È la spending review, bellezza. Quindi, in sostanza, le telecamere riprendono correttamente, e i filmati possono essere visionati a posteriori. Ma nessuno tiene d'occhio la situazione in tempo reale. Ci va coraggio, a chiamarla “prevenzione”... L'inghippo è saltato fuori in seguito a un sopralluogo effettuato dal consigliere a 5 Stelle Giacomo Gilardi, svolto nella mattinata di lunedì. “Questa mattina sono andato di persona a verificare, perché fidarsi è bene e non fidarsi è meglio. …e sorpresa: il monitor che tutto vede e tutto può, era spento. Non in stand-by o altro, proprio spento! - scrive il consigliere a 5 Stelle sul suo profilo Facebook –. Ho chiesto spiegazioni e il comandante ha allora chiamato un tecnico che gli ha fornito istruzioni e password per accedere. “Stia tranquillo, seppur a monitor spento, le telecamere sono sempre accese” Fiù, e io che pensavo male…Quindi avete capito? Non ci hanno detto una bugia, diciamo che al momento ci hanno solo raccontato una mezza verità. Le telecamere infatti funzionano e le immagini sono comunque inviate a Settimo (ad un monitor acceso?), immagazzinate e visionabili a posteriori qualora ci fossero segnalazioni o denunce. Con buona pace della prevenzione e del pronto intervento tanto sbandierato”. Il caso sollevato da Gilardi mette in evidenza un problema. Il tema della sicurezza è delicato, complicato da affrontare, impossibile da sottovalutare: e indubbiamente questa amministrazione sta tentando di lavorarci su. Ma quando questa “volontà di lavorarci su” si trasforma in grandi annunci sbandierati alla stampa, non sempre seguiti da fatti reali, significa che la strada intrapresa non è quella giusta. È un po' come la storia dei rimedi omeopatici: lavorano sulla psicologia delle persone, più che rappresentare delle reali cure. Vanno bene quando la malattia è una sciocchezzuola, ma prova ad usarli per curare una patologia seria e poi dimmi se funzionano o meno. Ecco, i 60 furti (tra tentati e riusciti) messi a segno nei primi due mesi del 2014 a San Mauro non sono proprio una sciocchezzuola. Ergo: servono rimedi concreti, più che proclami. E nessuna colpa, lo sottolineiamo a scanso di equivoci, ne hanno i vigili che ogni giorno si fanno il mazzo e si consumano scarpe e divise "battendo" il territorio. “Il controllo del territorio, la vigilanza a garanzia della sicurezza di tutti noi e dei posti in cui viviamo, non sono argomenti facili da affrontare in nessun caso - continua Gilardi -. Per questo ci sono rimasto male. Perché in tanti hanno creduto in parole che erano forse troppo roboanti, in tanti hanno speso tempo ed energie per informare e migliorare, perché mi sono illuso e perché ho illuso raccontando una verità parziale. Perché conosco tanti vigili di San Mauro che ogni giorno si fanno in quattro per star dietro a cose che eccedono di molto da quello che è il loro stipendio. Io non so di chi sia colpa, ma ho l’impressione che questa storia sia la punta di un iceberg che ancora nemmeno ci eravamo accorti avere di fronte. Ho l’impressione, ma sarebbe meglio parlare di convinzione, che questa sia la conseguenza più lampante della perdita del controllo diretto del servizio. Prima di aver delocalizzato degli uffici, abbiamo delocalizzato responsabilità che ora si rincorrono frenetiche, in uno scaricabarile che è più italiano della pizza. Abbiamo dato via ad un meccanismo perverso e poco chiaro che non potrà che portare ad altre battute d’arresto, perché è incompleto, imperfetto e soprattutto non condiviso. Perché le economie di scala si fanno producendo automobili e pezzi di plastica, non con le persone. Tantomeno in questo modo.”
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