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VENARIA. Maria uccisa con la pistola rubata ad un parroco

La pistola usata da Antonino La Targia, l’ex commerciante di 46 anni di Venaria, per uccidere - con almeno sei colpi - Maria Masi, 41enne infermiera del Cto di Torino, in passato è appartenuta a don Luciano Bardesono, fino a qualche anno fa parroco di Lusiglié, Ozegna e Ciconio. Quella stessa arma usata dal 46enne per uccidersi, poco dopo, nella sua abitazione.
Un omicidio-suicidio che per gli inquirenti,sarebbe scaturito per via dei dissapori in fase di separazione: lui non voleva accettare il fatto che Maria Masi volesse porre fine  a quel matrimonio.
Nel novembre del 2016, i ladri fecero visita alla casa del “parroco cacciatore” - nota a tutti la sua passione per la caccia - mentre il prete era impegnato a celebrare Messa. Quella volta i “topi d’appartamento” rubarono soldi, quattro pistole e persino due medaglie del Toro.
Armi regolarmente denunciate, quelle che erano in possesso del sacerdote, che dopo un infortunio durante una battuta di caccia venne denunciato dal’Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente, finendo addirittura intervistato da Striscia la Notizia.
Ora i carabinieri della Compagnia di Venaria, coordinati dal capitano Silvio Cau, vogliono capire come quell’arma, una calibro nove modello Jericho, sia finita nelle mani di Antonino La Targia. Per gli investigatori dietro potrebbe esserci una banda specializzata in furti di armi su commissione.
Nel frattempo si sono svolte le autopsie sui corpi di Antonino e di Maria, come disposto dalla procura di Ivrea. Ora le salme sono state riconsegnate alle rispettive famiglie, che potranno organizzare i funerali, che si svolgeranno questa settimana. Dalle prime indiscrezioni, quello di Maria si dovrebbe tenere a Torino. Quello di Antonino, invece, in forma privata, forse a Venaria.
Intanto si fa chiarezza sulla famosa questione legata al “codice rosso”.
Qualche mese fa, i carabinieri erano intervenuti dopo un violento litigio fra i due, sotto gli occhi dei figli. Facendo così scattare l’iter per l’avvio del “codice rosso”. Eppure, le parole della donna - messe a verbale - avevano descritto una situazione non drammatica, nonostante le tante pressioni psicologiche patite. Tutte mirate ad un ritorno a casa e alla ricostruzione del nucleo famigliare, evitando così la separazione.
Parole dette, probabilmente, per proteggere i propri figli. Ma che non hanno indotto la procura ad attivare il “codice rosso” ma semplicemente a segnalare il caso ai servizi sociali. Anche perché il “codice rosso” si attiva solo su determinati parametri, così come ben esposto nella legge che l’ha introdotto.
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