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LAURIANO. Lavorare con la musica è un sogno. Racconto la strada, ma con i contenuti

Marco Colapietro ha 19 anni. Il sorriso sincero. La parlantina “svelta” ma non banale.

Marco Colapietro, di Lauriano, insegue un sogno. Quello di fare della sua passione il mestiere della vita.

“Eight”, otto in italiano, è il suo nome d’arte.

Vorrebbe fare musica. Come tanti ragazzi della sua età.

Fidanzato con Martina, di Cavagnolo, ama anche disegnare e ha una grande passione per il calcio. “L’ho ereditata da mio papà. E ho giocato a calcio nel Chivasso e nello Sporting 590”.

E’ venuto a trovarci in redazione la scorsa settimana.

Marco, raccontaci un po’. Perché “Eight”?

“Eight”, otto in italiano, è il numero che per tanti anni ho indossato quando giocavo a calcio ed è il numero che nel biliardo non viene mai calcolato per tutta la partita, ma alla  fine è quello che la decide.

Il tuo genere musicale qual è?

Ho iniziato a scrivere quando c’era il rap old school, poi con il tempo è arrivata l’ondata della trap e mi sono adattato anche a quella.

Che differenza c’è tra rap e trap?

Nel rap si punta di più sui contenuti, con la trap ci si sposta di più sui suoni, ci si concentra sulla musicalità.

Sei un rapper o un trapper?

Un po’ tutti e due. Cerco di mischiare le due cose, nel miglior modo possibile.

Perché tutte quelle parolacce nelle canzoni che si sentono online?

Perché è un genere nato per strada. E in strada non si trovano i migliori ragazzi. E’ nato nei ghetti: è normale che ci sia questo linguaggio, anche se a parer mio non può essere un pretesto per inserirlo sempre. Non basta mischiare parole a caso tra di loro: servono anche i contenuti.

Dimmi i titoli di tre canzoni.

Volo, Dreaming e My story.

La tua preferita?

“My story”: uno storytelling dove ho raccontato solo di me, della mia storia. E’ la canzone che sento più mia.

Quella che piace di più al tuo pubblico?

Volo. E’ il pezzo della mia rinascita: il primo che ho fatto uscire con un video ufficiale. E’ quella che la gente apprezza di più”.

Hai già pubblicato un album?

No.

Lo pubblicherai?

Lo spero, con le possibilità economiche.

A chi ti ispiri?

Sinceramente a nessuno in particolare. Credo che ciò che si scrive nei testi debba essere qualcosa di tuo al cento per cento. Mi piace Vegas Jones o Giaime.

Uno che non vorresti mai diventare?

Non vorrei mai diventare un artista che parla solo di se stesso, del suo successo, tralasciando i contenuti, da dove è partito.

Dicci qualche espressione tipiche del vostro slang musicale.

Gang, ghetto, “yo”, “ya”. Vengono di solito usate per collegare meglio le parole, per farle suonare meglio. Io non uso molto slang di questo tipo: cerco di più di parlare alle persone, di arrivare a tutti.

Perché, secondo te, questo genere musicale divide le generazioni?

Secondo me perché la musica di prima era molto diversa. Era molto più sentimentale. Il rap invece è nato per strada.

Sei social?

Sì, abbastanza.

Cosa usi?

Soprattutto Instagram.

Meglio Facebook o Instagram?

Instagram, è più utilizzato per farsi notare.

Quanti follower hai?

Sugli ottocento.

Il tuo record di like?

Tra i 150 e i 200. Mai su foto però, ma solo parlando di pezzi o freestyle.

Cos’è un freestyle?

E’ fare il rap improvvisando, senza ricorrere a cose che hai già scritto. Viene anche usato per descrivere i pezzi da un minuto che un artista fa uscire su Instagram.

Il trap è un genere musicale solo maschile?

No. Soprattutto oggi stanno uscendo anche donne che fanno trap.

Da un po’ è in corso uno scontro rap tra Chivasso e Brandizzo. Da che parte stai?

Da nessuna delle due. Io sto dalla mia.

È tutta “arte” o non si soffrono per davvero?

La rivalità tra Brandizzo e Chivasso c’è sempre stata. In tutto. Tra i due artisti non saprei dire se c’è qualcosa d’altro o di particolare.

Tu sfideresti qualcuno?

L’ho già fatto. Ho fatto uscire un dissing su Instagram. Il pubblico ha apprezzato tantissimo ma io non ho ricevuto risposta...

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