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04 Luglio 2018 - 14:31
comdata
Mobilitazione nazionale in Comdata di fronte alla proposta dell’azienda di offrire a 264 lavoratori dei call center di Padova e Pozzuoli un anno di “solidarietà” al 60%. La proposta, manco a dirlo, è stata respinta al mittente perché – secondo Slc, Fistel e Uilcom – scaduti 12 mesi non ci sarebbero garanzie per i dipendenti: i sindacati chiedono il mantenimento di tutti i siti produttivi e la difesa del perimetro occupazionale.
“Non possiamo permettere all’azienda di aprire una fase nuova e di gestire le difficoltà con i licenziamenti – affermano i sindacati – Qualora passasse la chiusura di singoli siti, le lavoratrici e i lavoratori di Comdata potrebbero pericolosamente e potenzialmente avere lo stesso trattamento su qualunque altro sito e territorio”.
“Difendere i posti di lavoro di Padova e Pozzuoli significa difendere i posti di lavoro di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori di Comdata”.
La verità è che Tim ha tagliato i contratti con Comdata del 20% e l’azienda ha deciso una pesante ristrutturazione che punta al ridimensionamento del perimetro aziendale. Come spiega Angelo Ughetta della Uilcom, “l’azienda intende spostare le attività di customer care del settore bancario, attualmente erogate dei call center di Padova, nella sede di Ivrea che ha subito un calo dei volumi di chiamate a seguito del ridimensionamento della commessa Tim (a Ivrea di fa principalmente customer care per le telco ndr)”.
Nel call center piemontese ci sono 363 addetti in cassa integrazione a zero ore che dovrebbero – nelle intenzioni di Comdata – riprendere l’attività una volta spostata la commessa da Padova.
E mentre si organizzava lo scontro è arrivata pure la polemica. Quella intorno ai “500 euro” offerti da Comdata ai lavoratori di Padova per non essere presenti martedì sotto il Mise. O meglio, 500 euro per una giornata di formazione a Ivrea proprio martedì 3 luglio, giorno della vertenza al Ministero dello Sviluppo.
“I lavoratori non si fanno comprare - inforca Chiara Gribaudo, vice capogruppo Pd alla Camera - Pieno sostegno al loro sciopero, qeustilicenziamenti devono essere respinti”.
“Siamo di fronte - continua - all’ennesima multinazionale dei call center che tratta i lavoratori come se fossero zavorre per i suoi giochi finanziari, nonostante preveda di realizzare 1 miliardo di euro di fatturato. Con i parlamentari Pd Siani, Migliore, Valente stiamo seguendo i licenziamenti dei siti di Padova e in particolare di Pozzuoli, che l’azienda sembra voler chiudere a tutti i costi, in un territorio già fortemente indebolito dal punto di vista occupazionale. Il Pd sarà presente al Mise il 3 luglio, speriamo che il Ministro Di Maio voglia farsi davvero carico di questa vicenda perché il tempo per i lavoratori sta per scadere”.
Per fortuna, c’è anche una buona notizia. C’è che dopo 5 anni, è finita l’odissea degli ultimi 84 lavoratori Innovis.. La trattativa si è chiusa la scorsa settimana con un accordo in cui si prevede l’assorbimento delle maestranze in Comdata a partire dal 20 agosto.
I lavoratori manterranno scatti e ferie e avranno un contratto di quinto livello da 30 ore a settimana (Comdata avrebbe voluto abbassare del 40% le retribuzioni). “Questo accordo - sottolinea la Fiom - chiude una difficile vertenza che ha origine nel 2013 quando un incendio distrusse uno dei capannoni dello stabilimento di Scarmagno, dove aveva sede anche la Innovis, azienda di call center nata dalla disgregazione di Olivetti. Da allora, l’azienda è rimasta senza sede, con una parte di dipendenti che avevano trovato collocazione presso Comdata nel Palazzo Uffici e altri costretti a anni di cassa integrazione a zero ore.”
“È un risultato importante che, grazie alla tenacia e alle battaglie dei lavoratori, mette fine a una vicenda drammatica durata più di cinque anni: siamo riusciti a tutelare tutti i posti di lavoro e a limitare gli attacchi dell’azienda ai salari e alle condizioni professionali”, commenta Fabrizio Bellino, responsabile di Innovis per la Fiom torinese
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