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09 Marzo 2018 - 10:24
Un appunto scritto a mano dimostra che Franco De Benedetti si occupò “con diligenza” della questione dell’amianto alla Olivetti. E’ quanto ha detto la scorsa settimana a Torino l’avvocato difensore, Alberto Mittone, alla ripresa del processo d’appello. Il penalista, con una mossa a sorpresa, ha citato un documento del 1984 relativo a un carteggio tra De Benedetti e il vertice della Eternit nei mesi in cui si parlava di possibili trattative per l’acquisto della multinazionale svizzera dell’amianto.
La causa riguarda le malattie di sospetta origine professionale che colpirono alcuni ex dipendenti dell’azienda di Ivrea. In primo grado ci furono tredici condanne, le più alte delle quali (5 anni e 2 mesi) per Carlo e Franco De Benedetti.
“Debenedetti - ha spiegato Mittone - prese delle informazioni sulla nocività dell’amianto. E nel 1984 si rivolse a due esperti: Corrado Magnani, che oggi è consulente della pubblica accusa, e Benedetto Terracini, epidemiologo di fama mondiale. Tra le carte c’è un appunto manoscritto dove si cita una risposta di Terracini: ‘a naso mi pare che ci sia un nesso’ tra l’amianto e la patologia nota come mesotelioma, ‘ma non ho trovato nessuna pubblicazione specifica’. In ottobre, Debenedetti lo scrisse al numero uno della Eternit, Stephan Schmidheiny”.
La pubblica accusa aveva parlato del carteggio tra Eternit e Olivetti citando dei documenti risalenti al maggio precedente.
A De Benedetti sono contestati alcuni casi di malattie che colpirono dei dipendenti Olivetti. L’avvocato Mittone ha affermato che non è possibile affermare con certezza che siano attribuibili al periodo (1978/1988) in cui era al vertice della società. “A parlarne - ha spiegato - sono gli stessi rapporti dell’Asl. Uno degli operai, per esempio, nel 1951 lavorò alla costruzione di case popolari coibentate con l’amianto. Un altro fu vivaista in locali che avevano il tetto in Eternit. E’ in quei momenti che si verificarono le prime esposizioni a sostanze nocive”.
In prima fila anche l’avvocato Guido Carlo Alleva, difensorere di Corrado Passera, ex ministro, citato in giudizio nella sua qualità di amministratore delegato fra il 1992 e il 1996, condannato in primo grado a un anno e undici mesi.
“E’ assurdo - ha detto il legale - pensare che, per quanto bravo, un capo sia onnisciente rispetto a tutto quello che accade in un grande gruppo industriale. Qui parliamo di obsolescenza delle tubazioni in un cunicolo e delle condizioni di un locale adibito a mensa. Erano questioni conoscibili dai vertici? No. Il sistema delle deleghe ai dirigenti era costruito in modo tale che non lo consentiva. Se un problema non veniva rappresentato, non era conoscibile”.
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