La modella inglese Chloe Ayling, sequestrata lo scorso luglio a Milano e minacciata di essere messa all'asta e venduta sul 'deep web', e poi liberata anche dopo una richiesta di riscatto, ha subito una serie di "violenze fisiche", tra cui "l'ammanettamento", il fatto di essere stata "narcotizzata" e "brutalmente trasportata dentro una valigia" fino ad una baita in Piemonte, ma anche tante "pressioni psicologiche". Lo hanno raccontato alcuni investigatori della Squadra mobile, che ha condotto le indagini, nel processo milanese a carico di Lucasz Herba, 30enne polacco di Birmingham finito in carcere il 17 luglio scorso per il rapimento che avrebbe messo in atto assieme al fratello Michal Konrad Herba. Michal Herba, arrestato in Gran Bretagna un mese dopo il fratello, preso invece in Italia, è ancora in attesa che si concluda la procedura di estradizione dall'Inghilterra. Secondo le indagini del pm Paolo Storari, ricostruite in aula dai testimoni, la modella di 20 anni, assistita dall'avvocato Francesco Pesce, era stata attirata a Milano con l'offerta di un servizio fotografico. Fu poi tenuta segregata tra l'11 e il 17 luglio anche in una baita in Piemonte e messa all'asta sul web. Alla fine, però, venne liberata dallo stesso Lucasz. Stando all'inchiesta, i due fratelli avrebbero anche chiesto al manager e ai familiari della ragazza in un primo tempo 300 mila e poi 50 mila dollari. "La pressione psicologica su di lei - ha spiegato un'investigatrice - fu fondamentale nella strategia ideata dai due fratelli. Era stata convinta di avere a che fare con una sorta di killer 'buono' che poteva farsi da garante per la sua liberazione dopo il pagamento del riscatto". Gli investigatori in aula hanno chiarito anche che il piano iniziale dei due fratelli era quello di sequestrare la modella a Parigi, ma poi in quel periodo, nell'aprile 2017, nella città francese c'era stato un attentato sugli Champs-Elysees. E i due scelsero, a quel punto, "Milano perché più sicura" per portare a termine il rapimento.
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