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28 Novembre 2017 - 16:37
assessore Giovanna Codato
La notizia è che giovedì scorso, l’assessore Giovanna Codato, insieme a Patrizia Bonifazio della Fondazione Olivetti e al coordinatore Renato Lavarini, è volata a Parigi per recarsi al civico 7 di Place de Fontenoy, sede dell’Unesco.
Protagonista lei, ma anche la città di Ivrea, di una imprescindibile tavola rotonda convocata per fare il punto sulla candidatura di “Ivrea città industriale del XX° secolo”. E c’è andata lei non foss’altro che è bilingue (la sua infanzia l’ha vissuta tutta negli Stati Uniti) e con l’inglese sarebbe davvero stata l’unica a potercela fare.
Capita tutto questo a distanza di pochi mesi dalla visita, in gran segreto, degli ispettori ICOMOS (International Council on Monuments and Sites).
E capita anche perchè, il 2018, dovrebbe essere (il condizionale è d’obbligo ma lo ha detto il sindaco) l’anno decisivo. Prima di allora è quasi scontato che da Parigi giungano ancora delle richieste di chiarimenti e che a Ivrea, con i tanti soldi già spesi, l’Amministrazione comunale, la Fondazione Olivetti e la Fondazione Guelpa, faranno di tutto per far correre più che si può il nome di Ivrea in una gara ad ostacoli che vede molti agguerriti competitori italiani e stranieri.
Le difficoltà appaiono evidenti, ancor più se si paragona quel che c’è già in elenco, ma non si sa mai. E sono edifici storici, bellezze naturalistiche e paesaggistiche. Luoghi che ancora prima di ricevere l’ambito riconoscimento, erano conosciuti in tutto il mondo.
A mettere a punto un brand, un piano di comunicazione e una serie di servizi e strumenti capaci di promuovere via Jervis e tutti gli edifici olivettiani in maniera globale ci sta pensando l’Agenzia milanese Kube Libre di Luciano Nardi che questa estate ha avuto la meglio in un processo di selezione che ha coinvolto altri dieci contendenti (Primo Piano, Innocom, Avi Presse, Event Way, Notorius, RTI Coda-Adlilac srl Fraternali, Dunter, RTI Message-Pubblico08-Racca, Mediacor e Lead Communication).
Per il resto altro non rimane che alzare gli occhi al cielo, incrociare le dita e sperare in Dio.
Sperare cioè che tra qualche mese la commissione non si faccia prendere dai numeri che, da quest’anno, con l’inserimento nella Lista del patrimonio dell’Umanità delle “faggete secolari” e delle “opere difensive veneziane” vedono l’Italia in testa alla classifica mondiale per quantità di siti riconosciuti, saliti a 53. Segue la Cina con 52, quindi la Spagna con 46, la Francia con 42, la Germania con 41, l’India con 36, il Messico con 34, la Russia con 27, gli Stati Uniti con 23, il Giappone e il Brasile con 20, la Grecia con 18.
Prima delle foreste primordiali e delle opere difensive veneziane, gli ultimi siti italiani accettati dall’Unesco erano stati la Palermo arabo normanna con le cattedrali di Cefalù e Montereale e il Paesaggio viticolo del Piemonte con Langhe e Monferrato.
Il prossimo anno, sarà la volta oltre che di “Ivrea, città industriale del XX secolo”, anche della candidatura delle colline del Prosecco.
Dal 2019, invece, le regole cambieranno: ogni paese potrà presentare una sola candidatura all’anno e in tutto il mondo, ogni anno, non potranno essere più di 35.
In caso di ‘overbooking’ l’Italia sarebbe tra i paesi svantaggiati, proprio a causa dei tanti siti già presenti nella lista.
Morale? Questo significa che il prossimo anno, per Ivrea potrebbe definitvamente chiudersi ogni possibilità.
Restano i dubbi
Oggi un’agenzia pubblicitaria per la creazione di un logo di “Ivrea città industriale del 20° secolo”, solo qualche settimana prima un bando alla ricerca di uno specialista capace di preparare un nuovo dossier. Anzi no, per l’esattezza di una “figura professionale idonea ad accompagnare e organizzare il processo di verifica dell’Unesco”.
E la vittoria andò, manco a dirlo, al solito Renato Lavarini, 57 anni, massone con un punteggio di 88 contro gli 86 del secondo arrivato, Antonio Scuderi, amministratore di “Capitale Cultura” un’organizzazione che si occupa, guarda un po’ te, proprio di promuovere tutto quello che c’è da promuovere. Dei “numeri uno”, in campo culturale, artistico e turistico a livello mondiale.
“Nel dossier – ci raccontò Scuderi – si percepisce l’esigenza di una rivalutazione del patrimonio immobiliare, ma questo non basta. Non si risponde alla domanda principale sullo sviluppo futuro. Non si parla del modello che si vuole raggiungere. Non basta dire stimoleremo nuove imprese, parleremo con i privati. Devi dire anche su che cosa si vuole lavorare e che cosa si vuole ottenere….”.
Insomma, sarà anche vero che c’è un dossier ma secondo Scuderi e secondo molti altri, manca il progetto. Tutte argomentazioni e gatte da pelare per l’Amministrazione comunale che verrà.
Tanti dubbi sul dossier ma anche sulle reali capacità di Renato Lavarini che non è un omonimo ma lo stesso che aveva redatto il primo dossier presentato a Parigi, cioè lo stesso che avrebbe anche dovuto occuparsi del piano gestione ma non lo ha mai fatto.
La polemica è nota e fa riferimento a quei 60 mila euro scuciti senza alcun bando, dalla Fondazione Guelpa al “Consorzio per gli Insediamenti produttivi” di “Alberta Pasquero”.
“Vogliamo sapere come mai si è pagata due volte la stessa cosa…” avevano chiesto tra il dicembre del 2016 e il febbraio del 2017 i consiglieri comunali Alberto Tognoli e Francesco Comotto, ma, incredibilmente, si sta ancora aspettando una risposta.
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