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06 Novembre 2017 - 10:07
Il governo potrà procedere con la gara pubblica per l’affidamento della tangenziale. La seconda sezione del Tar del Piemonte, presieduta da Carlo Testori, la scorsa settimana, ha infatti respinto il ricorso, contro il Ministero dei trasporti, con cui Ativa chiedeva la prosecuzione dell’iter, tra le altre cose, per la realizzazione del nodo idraulico di Ivrea, attraverso un intervento in project financing da 380 milioni, a fronte di una proroga di 15 anni della concessione.
Un piano valutato “non favorevolmente” anche in vista dell’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti e della decisione del Ministero dei Trasporti di bandire una gara per l’affidamento.
E i grattacapi per Ativa non finiscono qui, dato che è pure concessionaria della tangenziale di Torino e anche su quella la politica si è mossa.
Nel settembre del 2016, i suoi vertici (il presidente Giovanni Ossola, accompagnato dal direttore della tangenziale, Davide Finello) erano stati ricevuti e sentiti dalla commissione regionale presieduta da Nadia Conticelli (PD).
Tra i nodi da risolvere c’era e c’è il pagamento del pedaggio che in molti ritengano debba essere eliminato per tutta l’area metropolitana anche perché chi arriva da fuori, attraverso le autostrade che si immettono sulla tangenziale, o ne esce, paga già il pedaggio autostradale.
E si era discusso anche dello smantellamento delle barriere della tangenziale a Trofarello, Beinasco, Rivoli-Bruere e Settimo per trasferire i costi su una ‘vignetta’, cioè su un abbonamento (mensile, settimanale, annuale) sul modello delle autostrade svizzere. Infine si era accodato il consigliere regionale dei cinquestelle Davide Bono con la richiesta di liberalizzazione dei caselli di Quincinetto, Ivrea, Scarmagno e Albiano per i residenti nell’eporediese.
Domanda: se si dovesse liberalizzare la tangenziale o un tratto della Torino Ivrea, senza i cospicui incassi dei caselli chi pagherà lavori e migliorie?
La soluzione arriverebbe dalla gara che non potrà non tenere conto degli attuali fatturati. E sono 118 milioni di euro solo l’anno scorso più altri 44 milioni dalla Torino-Quincinetto.
Per capire come si è arrivati sino a qui, però, occorre fare un passo indietro al gennaio 2016, quando Ativa si presenta con 4 avvocati davanti alla Commissione lavori pubbblici del Senato, presieduta da Altero Matteoli, per illustrare il suo Project Financing e il prolungamento della concessione, datata 1957, rinnovata proroghe su proroghe e scaduta nell’agosto del 2016.
Ma cosa era successo a Roma?
Semplicemente era arrivato un “No” grande come una casa al rinnovo su due piedi. A nulla erano serviti i buoni propositi sui tanti “lavori indifferibili ed urgenti”.
“Ma come si fanno a considerare indifferibili e urgenti i lavori del nodo idraulico di Ivrea che attendono lì da 16 anni… L’alluvione c’è stata nel 2000 …”, s’era messo a urlare il senatore Stefano Esposito (PD).
“Lo abbiamo già detto più volte – aveva insistito e sottolineato Esposito – Il project financing farebbe rientrare dalla finestra quel che noi, con la legge Delrio, abbiamo fatto uscire dalla porta… La procedura che si seguirà per il rinnovo della concessione sarà la gara e non il project financing con il diritto di prelazione del proponente. Se Ativa vorrà non avrà alcun problema a partecipare…”.
In realtà gli interventi del nodo idraulico di Ivrea per mettere in sicurezza il territorio nascono dalle prescrizioni a suo tempo indicate dall’Autorità d’ambito del Po (per ciò che riguarda l’area della Dora Baltea) e della Regione Piemonte (per il Rio Ribes). A definirli indifferibili ed urgenti era stata una sentenza del Tar alla quale lo Stato non ha mai fatto ricorso.
“Questo perchè la Regione – aveva spiegato l’ingegner Luigi Cresta di Ativa – con le prescrizioni del 2002 ha fatto costruire gli argini a protezione dei centri abitati più alti dell’autostrada. Abbiamo costruito delle paratie medievali, ma in caso di alluvione, l’autostrada si trasformerebbe in una diga per 7 chilometri…”.
E se è certo che in base alle prescrizioni dell’Autorità d’ambito la sopraelevazione si deve fare, così come è certo che esiste già un progetto approvato dal Ministero dell’ambiente nel gennaio del 2015, è però altrettanto certo che non si capisce perchè la dovrebbe fare per forza Ativa.
“Forse perchè la Città Metropolitana è socia al 17% – commentava con sarcasmo l’ex vicesindaco della Città Metropolitana Alberto Avetta – Forse perchè in tutti questi anni, grazie all’essere soci, siamo riusciti a portare avanti una serie di opere concordandole con loro e tra le altre la Torino-Pinerolo… ”.
Ed è vero che in Ativa, a parte quattro piccoli soci (Fantini Roberto e Stoppini Davide, Aci Biella e Aci Vercelli) la parte del leone la fanno Città Metropolitana con il 17% e soprattutto il Gruppo Gavio e il Gruppo Mattioda con la Quinzane Srl di Cuorgnè, entrambi al 41%.
Altrettanto vera la guerra in corso tra il gruppo Mattioda (di cui Giovanni Ossola, presidente di Ativa è espressione) pronto a tutto, anche ai ricatti, pur di ottenere la proroga, e il Gruppo Gavio che invece preme per la gara voluta dal ministero, con Ativa, o da solo.
E Gavio non è uno qualsiasi. Il gruppo può infatti contare su due tra le più importanti imprese di costruzioni italiane, Itinera e Grassetto. E’ poi anche proprietario del 56,52% della ASTM autostrada Torino Milano SpA, del 90% della SATAP Spa che gestisce l’Autostrada Torino-Piacenza, qualche quota della Autostrada dei Fiori SpA che gestisce la Autostrada Savona-Ventimiglia e Roma-L’Aquila-Teramo. Si aggiunge, ciliegina sulla torta, il 50% di Salt, che ha in gestione l’autostrada Genova-Livorno e il 6,25% di Ferrovie Nord.
Mancava la ciliegina e ce la mette il senatore Stefano Esposito (Pd), più che soddisfatto della sentenza del Tar. “Una decisione che mi conforta - dice - e rafforza la mia convinzione sulla necessità di fare le gare”.
E sul nodo idraulico?
Secondo il parlamentare democratico, quei lavori previsti da Ativa “possono essere realizzati riducendo le spese di due terzi”.
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