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SAN SEBASTIANO. Cascina Caccia è la sede di Libera

“Cascina Bruno e Carla Caccia” è un bene confiscato alle mafie a San Sebastiano da Po, in via Serra Alta 6.

Il bene apparteneva alla famiglia ‘ndranghetista dei Belfiore e Domenico Belfiore era stato indicato da diversi collaboratori di giustizia – ritenuti attendibili dal Tribunale di Torino – come reggente di una vera e propria associazione di stampo mafioso operante nel nord della provincia di Torino, ma con il controllo in tutta l’area metropolitana.

Un’organizzazione specializzata nel traffico di stupefacenti, usura, sequestri di persona, gioco d’azzardo e scommesse.

Domenico venne condannato all’ergastolo nel 1993 come mandante dell’omicidio del Procuratore Capo di Torino Bruno Caccia avvenuto il 26 giugno del 1983 a Torino.

In seguito all’arresto, le indagini patrimoniali portarono alla confisca dei beni di Belfiore, intestati in realtà a Francesco, il minore dei sette

fratelli. La misura di prevenzione patrimoniale che riguarda la Cascina è stata emessa nel 1996 (la confisca definitiva nel 1999) ma solo nel 2007 la famiglia Belfiore ha lasciato la casa permettendone il riutilizzo sociale previsto dalla legge 109/96.

In quel lasso di tempo la famiglia cercò di ostacolare la confisca con una doppia campagna di raccolta firme nel paese.

La situazione divenne grave a tal punto che venne nominato un Prefetto ad acta che insieme alla coraggiosa azione dell’amministrazione comunale di San Sebastiano da Po dell’allora sindaco Paola Cunetta ha permesso l’assegnazione del bene all’associazione Gruppo Abele nel 2007, che ha poi affidato la gestione del progetto all’Associazione ACMOS nel 2008.

L’immobile è composto da una Cascina ottocentesca rimaneggiata, un fienile ristrutturato di circa 200 mq, una stalla sul cui tetto è sistemato un impianto fotovoltaico e da un ettaro di terreno circostante. Concepita come unifamiliare, la Cascina è disposta su tre piani, per una superficie complessiva di 850 mq. Il pianterreno e il primo piano sono oggi a disposizione dei gruppi con possibilità di pernottamento (25 posti letto) e di utilizzo della cucina e della sala per le attività; la mansarda è l’abitazione dei residenti. La cantina ospita un’esposizione permanente.

Il terreno a disposizione comprende un noccioleto, un orto, lo spazio per cinquanta famiglie di api e una zona che accoglie alcuni animali della fattoria.

Il bene è stato dedicato alla memoria di Bruno Caccia e di sua moglie Carla: a Bruno poiché proprio dalla Cascina partì l’ordine di ucciderlo ed è quindi un simbolo della lotta alle mafie nel Nord Italia, a Carla poiché famigliare di vittima di mafia che a lungo ha desiderato la verità sull’uccisione di suo marito.

Oggi Cascina Caccia è prima di tutto una casa, abitata da giovani che se ne prendono cura trasformandola in uno spazio che vuole essere condiviso e aperto a tutti: una comunità di vita accogliente che cerca di estendere il senso di comunità verso il territorio in cui è inserita e le persone che desiderano fermarsi per brevi o lunghi periodi.

Ad oggi il bene è uno spazio rivolto all’educazione alla legalità, ma non solo: è un’area al servizio di tutta la comunità di San Sebastiano e dei comuni limitrofi. Il bene confiscato è quindi teatro di corsi e laboratori autogestiti che si affiancano alle migliaia di studenti da tutta Italia che ogni anno visitano il bene confiscato più grande del nord Italia.

Sul terreno infine, oltre ad uno spazio dedicato all’orto, al noccioleto e ad alcuni piccoli animali della fattoria, è stato creato uno spazio per le api.

Ormai sono cinquanta le famiglie che permettono di avere il primo prodotto a marchio Libera Terra del nord Italia: il miele.

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