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26 Luglio 2017 - 11:42
zanzara tigre
Il tono dell’avviso diffuso dal Comune di Settimo Torinese è perentorio: «Dall’11 al 14 luglio verranno effettuati trattamenti insetticidi contro le zanzare nelle tombinature pubbliche dell’area urbana». Il sito web dello stesso Comune informa che un tecnico «può essere chiamato a casa […] per svolgere un sopralluogo con occhio esperto alla ricerca dei focolai» di zanzare tigre e «delle possibili soluzioni da adottare». Tutto ciò richiama alla memoria vecchie storie di insetti e di nomignoli irriguardosi coi quali gli abitanti dei paesi limitrofi erano soliti prendersi vicendevolmente in giro.
Circa un secolo e mezzo fa, stando alla documentazione d’archivio, infuocati contrasti opponevano la gente di Caselle a quella di Settimo, anche se nessuno riusciva razionalmente a spiegarsi le ragioni di tanta animosità. Forse influiva il fatto che Caselle era il capoluogo del mandamento a cui Settimo apparteneva, con Leinì e Borgaro. I dissidi degeneravano sovente in risse furibonde, specie quando i giovani del circondario si riunivano per adempiere agli obblighi della leva, presso la sede mandamentale. Nel 1876, ad esempio, essendosi scatenata una violentissima zuffa, i settimesi dovettero riprendere la strada di casa senza presentarsi alla commissione giudicatrice. Il fatto fu ritenuto gravissimo, soprattutto perché pesantemente sanzionabile. Un paio d’anni più tardi, il sindaco Giovanni Audoli si sentì in dovere di deplorare pubblicamente che l’antagonismo creatosi fra le due comunità in tempi di cui si era «perduta la memoria» permanesse «vivo in qualche animo incolto».
Gli antichi risentimenti di campanile emergono tuttora dai soprannomi che si affibbiavano a vicenda gli abitanti delle due comunità. Canzonatorio e burlesco era il nomignolo «ciapamosche» (acchiappamosche) che veniva attribuito ai casellesi per ferire il loro orgoglio. La sua origine permane incerta. C’è chi ritiene che l’appellativo fosse in qualche modo legato alle mosche e alle zanzare che infestavano le boscaglie lungo le sponde della Stura, non lontano dall’abitato di Caselle. Com’è noto, all’arrivo dei primi freddi autunnali, tutti gli insetti scompaiono. La gente dei dintorni insinuava beffardamente che i casellesi catturassero mosche e zanzare a una a una e le custodissero al caldo sino a primavera. Per mandarli su tutte le furie bastava domandare, con atteggiamento sornione: «Avete già ritirato le mosche?».
A lungo i civici amministratori di Settimo chiesero all’autorità superiore di essere divisi dal mandamento di Caselle e uniti a Volpiano. Nel 1880 il problema fu affrontato da una commissione provinciale. Dichiarando che non sussistevano motivi per respingere la richiesta di trasferire il Comune da una circoscrizione all’altra, il relatore spiegò che erano «notori i dissidi da lungo tempo esistenti fra quei di Settimo e quei di Caselle». Quando la Provincia espresse parere favorevole, una folta delegazione di settimesi, col sindaco Giuseppe Demichelis, fu accolta trionfalmente a Volpiano per un lauto banchetto presso l’asilo infantile.
La modifica delle circoscrizioni mandamentali entrò in vigore il 1° gennaio 1885. Tuttavia la vicenda non era conclusa. Se gli antagonismi con Caselle non tardarono a venire meno, ne sorsero di altrettanto forti con gli abitanti di Volpiano. Nel 1892 il sindaco Giovanni Antoniotti dovette rivolgersi al questore di Torino per prevenire disordini fra i coscritti convocati nella nuova sede del mandamento. Ma questa è un’altra storia. Nella tradizione popolare rimase viva la memoria delle baruffe coi casellesi, inguaribili «acchiappamosche». E oggi i ricordi si ridestano col pungiglione di una zanzara tigre.
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