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05 Luglio 2017 - 14:40
Lavoratori Vodafone
Ieri mattina si è svolta di fronte alla sede della Regione Piemonte in Piazza Castello a Torino, un presidio di lavoratori Vodafone. Protestano contro il trasferimento collettivo di 19 impiegati dalla sede di Ivrea alla sede di Milano a partire dal prossimo 10 luglio.
Presenti, tra gli altri, l’Onorevole Giorgio Airaudo (Sinistra Italiana), i Consiglieri Regionali Francesca Frediani (M5s) e Marco Grimaldi (SEL), il Segretario provinciale di Rifondazione Comunista Ezio Locatelli.
“Si tratta - hanno ribadito i lavoratori - di trasferimenti discriminatori e ritorsivi che sono l’ultimo capitolo, in ordine di tempo, di una vicenda che dal 2007 ad oggi ha visto il colosso multinazionale delle TLC accanirsi contro un folto gruppo di lavoratori di varie sedi italiane e che tenta con ogni mezzo di eludere le Leggi italiane. Sono sempre più numerosi tra questi lavoratori i casi di riconoscimento della malattia professionale per disagio psicologico che questo calvario di ritorsioni ha causato e continua a causare...”.
Chi sono i 19 lavoratori ceduti?
Quattro lavoratrici con prescrizioni mediche che ne sanciscono l’inidoneità, talvolta solo parziale, alla risposta telefonica e quindici lavoratrici e lavoratori reintegrati a marzo 2016 sulla scorta di una sentenza della magistratura nella causa promossa contro la cessione di ramo di impresa operata da Vodafone nel 2007, tutti tesserati all’organizzazione sindacale Cobas del lavoro Privato, tra cui due rappresentati sindacali eletti lo scorso anno.
“E’ stato annunciato - aggiungono gli RSU Valeria Viletto e Marco Carando - che questo è l’inizio di altri trasferimenti che verranno. Verso Milano confluiranno reintegrati e persone con problemi di salute da tutte le sedi del centro nord Italia; verso analogo polo da creare nell’Italia centro-meridionale, confluiranno reintegrati e persone con problemi di salute da tutte le sedi del centro-sud. Si prospetta quindi uno scenario a nostro parere apocalittico con lavoratrici e lavoratori che migrano da una regione all’altra di Italia verso due centri costituiti ad hoc per accogliere unicamente coloro che presentano queste due determinate caratteristiche...”.
E stiamo parlando in verità di attività che potrebbero essere svolte da qualunque luogo come dimostra il fatto che negli ultimi dieci anni esse sono state cedute a un’azienda esterna che le ha fatte eseguire in contemporanea sia nelle sue sedi in Italia sia nelle sue sedi estere, senza che ci fosse alcun bisogno di una vicinanza fisica tra i dipendenti.
10 anni di ritorsioni
La procedura di trasferimento collettivo verso Milano annunciata il 29 maggio scorso non è che l’ultimo atto di una vera e propria persecuzione che l’Azienda Vodafone sta attuando da 10 anni contro alcuni suoi dipendenti che hanno l’unica colpa di aver vinto nei tribunali contro questo colosso.
Tutto inizia nel 2007 quando Vodafone Italia opera una Cessione di Ramo d’Azienda ed esternalizza 914 dipendenti di varie sedi italiane (sedi di Napoli, Roma, Ivrea, Milano e Padova) ad una newco di servizi di call center, Comdata Care SpA, appositamente creata per accogliere tutti e solo i lavoratori ceduti.
Numerosi lavoratori impugnano legalmente la cessione contestandone la legittimità.
Dopo alcune cause perse, finalmente, nel 2012 il Tribunale del Lavoro di Roma giudica “illegittima” e “inefficace” tale cessione e dispone il reintegro di 100 lavoratori.
Vodafone ottempera all’obbligo di reintegrare i dipendenti solo formalmente, poiché li dispensa espressamente dalla prestazione dell’attività lavorativa.
All’epoca la società Vodafone Italia NV registrava un organico di 8000 dipendenti, dei quali 1000 su Roma, ricavi per quasi 9 miliardi di euro e utili per più di 4 miliardi di euro.
Il 20 febbraio 2012 e poi il 1 agosto 2012 Vodafone avvia sulla sede di Roma due procedure di licenziamento per esubero, guarda caso proprio di 100 dipendenti (licenziamento collettivo). Entrambe le procedure si concludono con un mancato accordo e con il licenziamento esclusivamente di 83 lavoratori appena reintegrati scelti uno a uno (e quindi senza il rispett dei criteri previsti dalla legge). 83 e non 100 perché 17 sono illicenziabili (per matrimonio o gravidanza). I lavoratori licenziati impugnano la decisione aziendale.
Il 25 settembre 2013 la Corte d’Appello, Sezione Lavoro, di Roma conferma l’inefficacia della presunta cessione di ramo d’azienda per 150 lavoratori della sede di Roma (di cui 83 nel frattempo licenziati).
Una parte dei 150 ricorrenti viene formalmente reintegrata, ma contestualmente viene collocata in distacco presso la Comdata (sede di Roma) senza indicazione temporale del termine di tale distacco.
Nel 2015 il Tribunale di Roma dichiara nulli i licenziamenti operati da Vodafone nel 2012 con la procedura di mobilità, ritenendoli discriminatori e ritorsivi. I lavoratori licenziati dopo molti mesi senza salario vengono quindi reintegrati e anch’essi posti in distacco presso Comdata insieme agli altri colleghi già reintegrati senza indicazione temporale del termine di tale distacco.
Nel 2016 la Suprema Corte di Cassazione conferma per i lavoratori l’illegittimità della cessione di ramo di azienda operato nel 2007 e anche la nullità dei licenziamenti effettuati a Roma, che vengono ribaditi quali discriminatori e ritorsivi.
In Piemonte...
Finalmente arriva la prima sentenza positiva anche in Piemonte. E’ il 15 dicembre 2015 la Corte d’Appello di Torino giudica “inefficace” la cessione di ramo di impresa del 2007, disponendo il reintegro di 17 lavoratori che il 1 marzo 2016 vengono reintegrati nella sede di Ivrea ancorché adibiti ad un servizio non più svolto da Vodafone, ma “reinternalizzato” esclusivamente per occupare i lavoratori reintegrati, pur essendo tale attività notoriamente in via di esaurimento
Il 29 maggio 2017 Vodafone avvia la procedura di trasferimento collettivo da Ivrea alla sede di Milano (a 120 Km di distanza) per 19 lavoratori.
E chi sono i lavoratori colpiti dal provvedimento di trasferimento? Tutti i reintegrati a Ivrea nel 2016 (fatte salve 2 lavoratrici in maternità) tutti esponenti e/o tesserati dell’organizzazione sindacale Cobas del Lavoro Privato, tra cui due delegati, tutti idonei alla risposta telefonica; 4 lavoratrici con certificazione medica di non idoneità, sia parziale sia totale, alla risposta telefonica
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