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06 Dicembre 2013 - 18:10
Tribunale (foto archivio)
Non aveva reagito affatto bene all'alt dei Vigili urbani. Rodolfo Furfaro, ristoratore di Pavone, era andato su tutte le furie fermato, il 28 settembre del 2008, dagli agenti della Polizia Municipale Davide Zanotti e Fabrizia Brunetti, nella spiazzo di fronte alla farmacia su via Circonvallazione, a pochi passi dal suo locale specializzato in carne argentina. Si era arrabbiato tanto da alzare i toni, insultare i due dipendenti comunali che lo avevano beccato senza cintura di sicurezza e sgommare via senza volerne sapere di mostrare i documenti. Per questi fatti Furfaro è finito imputato, presso il Tribunale di Ivrea, con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale e l'altra settimana è stato condannato a quattro mesi di reclusione, con sospensione condizionale, e al pagamento delle spese processuali. Il giudice Marianna Tiseo ha pronunciato la sentenza accogliendo le richieste del Pubblico Ministero Bosio mentre nell'aula il ristoratore imprecava. "Sono una brava persona!" ha alzato la voce Furfaro durante l'udienza. "Quel giorno – ha raccontanto, rilasciando dichiarazioni – ero di ritorno da Torino, dove mi rifornivo di carne argentina, quando mi chiama mia moglie: c'era una tavolta di venti persone al locale, venti pizze da preparare e avevo un'ora di tempo. Per questo quando i vigili mi hanno fermato ho detto che ero di fretta. Lo ammetto: in quel momento sono stato egoista, ho pensato solo al mio lavoro, ho mancato di rispetto a questi signori. Mi rendo conto che anche loro stavano lavorando. Mi sono pentito. Ho mandato una lettera dal mio avvocato di fiducia per chiedere scusa". Poi Furfaro ha sbottato. "Siamo anche parenti alla lontana! - ha sottolineato col fumo che gli usciva dal naso -. Il vigile è cugino di sangue di un mio cugino di sangue. Io lavoro venti ore al giorno. Pensavo a mia moglia. Poi qualcuno ce l'ha con me e sono altri discorsi ma l'Ufficio Tecnico di Pavone mi ha mandato anche in causa per una tettoia. Io ho 60 anni, un'attività, dei dipendenti e mi sento un ostaggio!". Ma lo sfogo dell'imputato non ha fatto breccia nel cuore del giudice nonostante la richiesta di assoluzione presentata dal suo legale Mario Benedetto.
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