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15 Marzo 2017 - 10:36
Confermato dalla Cassazione il licenziamento di un primario torinese che durante l’orario di lavoro usciva, senza timbrare, per andare a visitare i pazienti presso una struttura convenzionata dove era stato autorizzato a svolgere l’attività ‘intramoenia’ per sei ore e mezza la settimana.
Ad avviso della Suprema Corte, merita di essere confermata la sentenza con la quale la Corte di Appello di Torino, nel 2015, aveva dato il via libero al licenziamento del camice bianco sottolineando che era del tutto “irrilevante” la circostanza che il dirigente sanitario avesse maturato molte ore di lavoro in eccedenza. Il suo comportamento è “grave” - osservano gli ‘ermellini’ nel verdetto 6099 - proprio per il “ruolo apicale” da lui ricoperto perchè “in quanto preposto alla direzione della struttura complessa, era tenuto a garantire il rispetto delle procedure imposte per la attestazione dell’orario di servizio e a segnalare eventuali abusi o omissioni nei riscontri documentali”.
Inoltre, “la prestazione di attività libero professionale in orari diversi da quelli autorizzati era di per sè lesiva degli interessi dell’Azienda, dato che la autorizzazione” ad effettuare le visite in regime intramurario “teneva evidentemente conto delle esigenze organizzative della struttura diretta”. Valerio Di Fortunato era dipendente della Asl 4 del capoluogo piemontese. In primo grado il Tribunale di Ivrea aveva invece ritenuto il licenziamento una misura eccessiva e non giustificata e lo aveva bloccato.
In particolare, la Asl 4 aveva contestato al primario la “sovrapposizione dell’attività svolta in orario di libera professione con l’orario dell’attività di servizio” e “il mancato rispetto dell’orario autorizzato”.
All’esito del procedimento disciplinare, la Asl aveva intimato il licenziamento per “falsa attestazione della presenza in servizio mediante alterazione dei sistemi di rilevamento o con altre modalità fraudolente”.
In questo caso, il dottore usciva senza timbrare per andare in clinica.
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