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15 Marzo 2017 - 10:28
Bruno Caccia
Nuovo scontro processuale la scorsa settimana tra il pm della Dda di Milano Marcello Tatangelo e il legale dei familiari del procuratore di Torino Bruno Caccia, ucciso nel 1983, parti civili nel dibattimento a carico del presunto esecutore materiale dell’omicidio, Rocco Schirripa.
L’avvocato Fabio Repici, infatti, ha chiesto alla Corte d’Assise (presidente Ilio Mannucci Pacini) di fare entrare negli atti del processo alcuni documenti riguardanti una “pista investigativa” alternativa, che intreccia mafia e servizi segreti. E’ una pista che da tempo ormai la famiglia del magistrato ammazzato porta avanti, ma i giudici hanno respinta la richiesta perché quei documenti - hanno spiegato - riguardano una “ipotesi investigativa estranea all’imputazione” a carico di Schirripa, finito in carcere nel dicembre del 2015 con l’accusa di aver fatto parte del commando della ‘ndrangheta (il mandante Domenico Belfiore è stato già condannato all’ergastolo) che uccise Caccia.
A quel punto, però, il legale Repici ha chiesto che le parti dessero il consenso all’accesso di quegli atti nel processo (con l’ok delle parti per legge sarebbero entrati), ma il pm non lo ha concesso rimettendosi, in sostanza, alla decisione presa dai giudici e parlando di “irrilevante produzione documentale”.
Nel negare il consenso il pm ha fatto notare che quegli atti sono già entrati in un procedimento, nato da una denuncia del 2014 della famiglia Caccia (dove si sosteneva che il magistrato venne ucciso perché stava indagando su casi di riciclaggio di denaro sporco al Casinò di Saint Vincent), aperto a Milano a carico di Rosario Cattafi, avvocato milanese ritenuto vicino all’estrema destra e alla mafia siciliana, e del calabrese Domenico Latella. Indagine questa, però, per cui di recente il pm ha chiesto l’archiviazione e ora la parte civile si è opposta alla richiesta (il gip dovrà fissare un’udienza).
La parte civile, tra l’altro, aveva anche chiesto nei mesi scorsi alla Procura generale di Milano di avocare quelle indagini su Cattafi e Latella togliendole al pm, ma l’istanza è stata di recente respinta.
In aula sono stati ascoltati Placido Barresi, cognato di Domenico Belfiore, il fratello di quest’ultimo, Giuseppe Belfiore, e un altro teste. Erano già stati sentiti nel primo processo a carico di Schirripa poi ‘azzerato’ per un errore procedurale qualificato dalla parte civile come un “fallimento della Procura di Milano”.
Ieri è stato ascoltato il pentito Domenico Agresta. Dalle sue dichiarazioni è scaturito un nuovo filone di indagine aperto a Milano a carico di Francesco D’Onofrio, ex militante di Prima Linea, ritenuto vicino alla ‘ndrangheta e indagato anche lui come esecutore dell’omicidio di Caccia.
Insomma, secondo la Procura milanese sarebbero state più di tre le persone coinvolte nell’omicidio del procuratore torinese. C’è Domenico Belfiore, già condannato all’ergastolo, poi Rocco Schirripa uno dei presunti esecutori, infine Vincenzo D’Onofrio, che nei giorni scorsi ha ricevuto un formale avviso di garanzia.
L’ipotesi d’accusa formulata dal pm Marcello Tatangelo nei suoi confronti è di avere agito in concorso con Belfiore, Schirripa e di ‘soggetti terzi’ non meglio specificati.
Francesco D’Onofrio, evidentemente, ha negato qualsiasi coinvolgimento. “Difendersi da ipotesi d’accusa mosse per fatti così risalenti nel tempo non è semplice. Ma gli indizi sono davvero fragili e inconsistenti” ha commento il suo avvocato difensore Roberto Lamacchia.
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