A lezione di solidarietà, accoglienza e umanità con Nawal. Martedì mattina presso la sala Levi della biblioteca Archimede l’associazione Casa dei Popoli ha organizzato un incontro, a cui hanno assistito due classi seconde e una terza della scuola media Gobetti, con Nawal Soufi, volontaria e attivista italo-marocchina di 27 anni, denominata l’”angelo dei profughi” perché da tre anni ha aiutato e continua ad aiutare migliaia di persone. La sua è un’azione volontaria ed indipendente, non è legata a nessuna organizzazione. Oggi il suo numero di telefono è un numero di salvezza per i profughi che cercano di raggiungere l’Europa, sia sulle coste italiane che greche, alla stregua del 118 per chi ha bisogno di soccorso immediato. Dal 2013, infatti, dopo aver fatto da tramite ad una famiglia di Siriani alla stazione di Catania, comune in cui vive, ha dato il suo numero per fare da tramite tra le persone stipate nei barconi che partono dalle coste libiche e non solo per far sapere le loro coordinate e farle chiamare la Guardia Costiera per salvarle. E sono tantissime le persone che ha salvato, migliaia. Le richieste d’aiuto che riceve vengono postate anche sulla sua pagina facebook “Nawal Siriahorra”, e riferite ovviamente alla Guardia Costiera. Inoltre si è recata direttamente a Lesbo e collabora con molte associazioni. La sua storia è stata raccontata anche nel libro “Nawal, l’angelo dei profughi”, scritto dal giornalista Daniele Biella, presentato sia alle scuole che alla cittadinanza, sempre grazie alla collaborazione con Casa dei Popoli, in biblioteca Archimede e all'Ecomuseo del Freidano. Gli studenti sono stati particolarmente attenti e coinvolti nell’incontro, a cui ha partecipato anche l'assessore Silvia Favetta, e hanno posto numerose domande, incuriositi e ammirati dalla storia di Nawal. Lei è l’esempio di come una singola persona, ragazza ordinaria (studentessa universitaria, mediatrice ed interprete), dotata di un grande spirito umanitario possa fare la differenza. E continui non solo ad aiutare ma ad informare e a denunciare tutto quello che vede con i suoi occhi durante il salvataggio, l’accoglienza e l’integrazione. “Il Mar mediterraneo non riesco più a vederlo blu- dichiara- ma lo vedo rosso. Sta diventando un secondo olocausto, in cui le persone soffrono e muoiono ogni giorno, e vediamo tutte queste cose ma facciamo finta di niente”.
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