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RIVAROLO. Aggredì il finto avvocato, condannato a 4 mesi

Condannato a quattro mesi di reclusione il cliente che mise le mani addosso al finto avvocato, infuriato per essere stato truffato. E’ finito così il processo celebrato presso il tribunale di Ivrea a carico del rivarolese Francesco Fadda, 37 anni. Era accusato di lesioni ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni per una “piazzata” organizzata presso lo studio del compaesano Mauro Spedicato, quest’ultimo nei guai, sempre presso le aule di giustizia eporediesi, per esercizio abusivo della professione, in quanto avrebbe prestato consulenze fasulle ad alcuni clienti senza averne alcun titolo Il giudice Maria Claudia Colangelo, ha parzialmente accolto le richieste del Pubblico Ministero il quale aveva chiesto la condanna ad un anno di reclusione. L’avvocato difensore Valentino Pascarella aveva invece molto insistito sulle ragioni del suo cliente. Secondo le ricostruzioni, nel 2009, Fadda era piombato a casa di Spedicato, accompagnato da un altro personaggio non identificato. Il “compare” avrebbe tenuto fermo l’avvocato, stringendolo dietro la scrivania e insistendo affinché staccasse un assegno mentre Fadda gli avrebbe sferrato una serie di pugni al volto. La convivente di Spedicato, udite le urla di dolore, sarebbe entrata nella stanza, senza poter fare nulla. “Un’estorsione perché - aveva sostenuto addirittura la parte civile - Fadda pretendeva l’assegno, altrimenti avrebbe continuare a massacrare di botte Spedicato”. “Il mio cliente - aveva incalzato invece l’avvocato Pascarella - viene descritto dalla parte civile come un soggetto con una capacità a delinquere pari a un grandissimo criminale, come un soggetto che non dovrebbe circolare per le strade di una normale città, che porta in sé le stigmate dell’essere criminale. Tutt’altro. Fadda aveva motivi fondati di risentimento nei confronti di Spedicato, che lo aveva assistito in alcuni processi. Questo basta a mettere in dubbio l’attendibilità del soggetto che falsificava atti per mentire e trarre in inganno,  e che in quel momento era in possesso della carta di identità del mio assistito per cui presentava dichiarazioni dei redditi e faceva consulenze fiscali”. Spedicato sosteneva di aver ricevuto un colpo al setto nasale, attestato da un certificato del pronto soccorso, per cui si era sottoposto ad un intervento chirurgico. Il complice non era stato identificato.
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