“Il vero problema della Dgr 30 è che le richieste aumentano ma ci sono meno dimissioni perché spesso la malattia è invalidante e cronica. Inoltre tutta la sanità è sotto organico, anche quella relativa alla psichiatria e alla salute mentale, con un depauperamento delle ore”. I volontari dell’associazione +Diritti, mercoledì sera durante la riunione del sodalizio, hanno elencato le varie problematiche relative al riordino della residenzialità psichiatrica che non riguarda solamente i gruppi appartamento ma anche le persone che stanno in casa con i propri familiari e hanno bisogno di cure domiciliari. Il Dipartimento di salute mentale da qualche anno ha dimezzato le risorse causando già numerosi disagi, con la Dgr30 la situazione è ancora più preoccupante. “Chi prende in affido un paziente con il progetto Iesa ha un contributo mentre a noi che abbiamo i figli a casa non aiuta nessuno- dichiara il padre di un ragazzo con problemi psichici-. L’assistenza a casa negli ultimi anni è diminuita molto a causa proprio dei tagli. Vogliono levare i soldi per la psichiatria per metterli in un altro ramo regionale. Mi chiedo dove vanno a finire i soldi?”. In 38 anni, dal 1978, anno in cui sono stati aboliti i manicomi con la Legge Basaglia, il numero di pazienti in carico è aumentato moltissimo ma le dimissioni sono pochissime. “Le persone stanno tutta la vita o quasi in queste strutture-spiega la dottoressa Mazzola-. È un sistema invalidante, cronico, siamo alla saturazione, all’intasamento dei servizi”. Il centro di salute mentale è indispensabile, è un punto fermo, ma a Settimo nella struttura di via Castiglione, secondo +Diritti, è molto sacrificato. “Il centro è piccolo- spiega Caterina Greco, ex assessore comunale-. Ha un bellissimo giardino ma l’interno non è molto grande. Inoltre abbiamo sempre avuto un Csm che funzionava bene e funziona tutt’ora bene ma il personale è diminuito e con la Dgr30 potrebbe diminuire ancora”. È importante che il Csm e i gruppi appartamento rimangano sul territorio e che le persone in cura non vengano sradicate dalla loro città e dai loro familiari. “Ho avuto qualche anno fa dei problemi- spiega un altro volontario- allora non c’erano ancora i gruppi appartamento ma sono stato nei centri diurni. È importante non staccare dal proprio tessuto sociale e dalla propria famiglia il paziente. Nonostante in famiglia ci siano sempre dinamiche positive e negative nella mia esperienza è stato utile poter rimanere con i miei familiari. Se mi avessero mandato in una comunità, magari a 200km di distanza, con genitori anziani che avrebbero avuto anche una certa difficoltà ad arrivare, avrei rischiato di perdere il contatto con loro. Credo che sostenere la domiciliarità sia a livello psichiatrico che infermieristico senza sradicare la persona dalla sua vita sia importante. Ti permette anche di riacquistare una certa autonomia e ad un certo punto ero io a rendermi conto di avere bisogno e chiedevo aiuto. Ovvio non tutti hanno le stesse patologie ma per me è stato utile avere dei servizi sul territorio”. Poche persone, in realtà, riescono a raggiungere la totale autonomia molti rimangono nella rete tutta la vita o quasi. “Ma è importantissimo sostenere il più possibile anche la domiciliarità- concludono-, il fatto di poter stare a casa ed essere seguiti da casa. Ci devono essere supporti e servizi adeguati sul territorio per avere una buona cura per tutti”.
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