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LESSOLO. L'eredità di Alfieri Cravetto al comune

Tutto questo, un giorno, passerà al comune... E quel giorno oggi è molto vicino. L’intera eredità di Alfieri Cravetto (in foto) attende di essere gestita e organizzata in un museo da aprire al pubblico. Lui  è scomparso nel marzo del 2015. Lasciando un testamento molto molto particolare. Le sue ultime volontà, infatti, prevedano che la casa vada agli eredi ma con il vincolo di non venderla, e che sia il Comune a gestire il materiale che vi è contenuto. Nelle ambizioni dell’ex amministratore comunale e collezionista, il testamento permetterebbe di dare vita al sogno di una vita. Tecnicamente, declinarlo nei fatti sarà più difficile. Si procederà a carponi. Per cominciare il consiglio comunale, l’altra settimana, si è trovato con l’obiettivo di formare, per intanto, un comitato. “Abbiamo inviato le lettere di invito alle persone indicate dallo stesso Cravetto - spiega il sindaco Elena Caffaro -. L’incontro si svolgerà il 22 ottobre”. Considerate le difficoltà materiali nel riuscire a realizzare le volontà di Cravetto, non è escluso che possa intervenire il Fai, con cui il sindaco ha già preso contatti. L’eredità?  Centocinquanta macchine da scrivere d’epoca, macchine fotografiche, pendoli, attrezzi degli antichi mestieri, per fare il burro o i salami, tra cui un aratro e un torchio del ‘700, macchine per cucire a mano con la foto della Regina Margherita del 1866, le bandiere di Casa Savoia. E una montagna di documenti, dai libri del cinquantenario dell’Unità d’Italia ai Dizionari dei Comuni del Regno d’Italia del 1871, fino alle copie degli originari Statuti del Comune di Lessolo, tra i quali si scopre, per esempio, che fu istituito il consiglio comunale nel 1680 ancora prima della legge Savoia del 1704, che anticamente si chiamava Lezolo e contava una popolazione superiore anche a Borgofranco e Lessolo e qui avevano sede il tribunale e le prigioni, che nel 1912 a Calea c’era una miniera che occupava 450 operai, oltre all’albero genealogico dei Conti che dominarono sul territorio. E chi più ne ha più ne metta. Il tutto accatastato in dieci stanzoni che Alfieri Cravetto ha conservato con cura maniacale presso la sua casa, al fondo del paese dove comincia il Cantun Magnineng. Ha collezionato tantissimi oggetti in un’intera vita. Una passione “cominciata da ragazzino”. “Ho cominciato a raccogliere documenti di famiglia, ho cercato libri e statuti” ci aveva raccontato in una intervista. Già consigliere comunale dal 1970 al 1990 in maggioranza, al fianco del compianto sindaco Walter Caffaro, poi una parentesi prima di tornare, dal 1999 al 2004 ma stavolta in minoranza. I genitori scelsero di chiamarlo con il cognome di Vittorio Alfieri, scrittore e poeta del ‘700. Originario da una famiglia dedita alla campagna, Cravetto ha continuato a lungo ad occuparsi delle vigne e della terra, poi ha trascorso tre anni in Olivetti e dopo ancora alla Fornace calci e alla Montefibre. Nonostante la pensione ha sempre continuato ad interessarsi intessendo il sogno comunale ad altri personaggi del calibro di Gep Dorma, fondatore a San Giorgio Canavese, del Museo Civico “Nossi Rais”: conservare la memoria e far sì che un giorno anche i concittadini se ne ricordino.
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