Un protocollo di intesa con la Prefettura. Che prevede, esattamente, un numero limite di profughi da ospitare, comune per comune, in proporzione al numero di abitanti. Il Ciss-ac si Caluso se n’è già fatto promotore, prendendo esempio dai comuni della Val Susa, capofila Avigliana, che dall’inizio hanno risposto così, prontamente, all’invito ad accogliere i richiedenti asilo politico, provenienti dal Nordafrica e dal Medio Oriente, rivolto agli enti locali. Ora all’iniziativa vorrebbe accodarsi anche il comune di Ivrea, leader per l’area dell’eporediese, appoggiandosi al consorzio In.rete. E’ quanto ha annunciato l’Assessore alle Politiche Sociali, Augusto Vino, l’altra settimana in conferenza stampa, in Sala Dorata. “Solo un terzo dei comuni della nostra zona ospita, attualmente, profughi - premette Vino -. Vogliamo fare in modo che il consorzio sia l’interlocutore. Ho già avuto un incontro col Prefetto Basilone. Stiamo ragionando col Ciss-ac di Caluso per provare a costruire un modello di accoglienza”. Ivrea, di esperienza, nel campo, del resto ne vanta parecchia, già sede dello Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), gestito dal comune di Ivrea col Ministero degli Interni, che attualmente segue 29 persone. “E’ uscito il nuovo bando - sottolinea Vino -. Lo Sprar semplifica la procedura per i comuni e, a livello nazionale, l’intenzione è di orientarsi verso questo sistema, che è quello che funziona meglio”. Sugli 180 profughi totali oggi presenti a Ivrea, dunque, gli altri 150 sono tutti in capo a cooperative. Sono coloro che, sbarcati a Lampedusa, piuttosto che in altre località, vengono destinati a centri di accoglienza e poi redistribuiti a cooperative che hanno ottenuto l’appalto gestito direttamente dalla Prefettura. Sotto le rosse torri operano l’Isola di Ariel, gli Argonauti, la Mary Poppins e la Pollicino (in sala dorata era presenti i rappresentanti di queste ultime due). “Parliamo dunque delle 150 persone gestite da queste quattro realtà che lavorano con un contratto di servizio comprendente una serie di attività, non solo di accoglienza (un tetto e un pasto) ma anche di conoscenza del territorio ed apprendimento della lingua italiana. E’ un sistema ancora insufficiente - premette l’assessore Vino - per garantire che queste persone trovino il loro posto e noi ci stiamo muovendo, come Amministrazione, per costruire un pezzetto in più, per provare a offrire opportunità di vero inserimento”. E’ per questo che il comune ha messo a bilancio la somma di 24mila euro ed ha emanato un bando di gara, vinto dal Ciac, su quattro agenzie invitate (solo un’altra ha risposto, oltre al Ciac), che hanno presentato progetti, per attuare una prima esperienza di tirocinio. Verranno proposti quattro corsi brevi rivolti ad una platea piuttosto varia: tecniche di cucina di base (50 ore, 20 partecipanti), manutenzione aree verdi (40 euro, 20 partecipanti), addetto alla conduzione di carrelli elevatori e semimoventi (20 ore, 18 partecipanti), addetto riparazioni sartoriali (40 ore, 20 partecipanti). Per un totale di 78 persone che dovrebbero partecipare, e quindi circa la metà di quelle ospitate. Corsi di breve durata, quindi. Ed è la prima volta per tutti: per il comune, per il Ciac e per le cooperative. “Abbiamo scelto quella del Ciac perché ci sembrava avesse caratteristiche di maggiore flessibilità - sottolinea Vino - . Abbiamo buttato una pietra nello stagno. 24mila euro è meno dell’1 per mille del bilancio di comune. Mi sembra si possa provare a vedere se riusciamo a portare a casa qualcosa di utile. C’è un mix di attività che dovrebbe poter coinvolgere sia gli uomini che le donne. Ci aspettiamo che la Regione ci venga incontro”. Dei quattro corsi il patentino verrà rilasciato solo per i carrellisti ma a tutti verrà rilasciato un attestato di competenza. “Nessuno è così faticoso da non poter essere affrontato dalle donne. Abbiamo garantito opportunità di genere” sottolinea Daniela Cappelletti, dirigente del Ciac,c he aggiunge: “questo è un piccolo mattone per costruire edifici più grandi”. Intanto proseguono le attività di pulizia del territorio comunale, grazie alla collaborazione con associazioni di volontariato eporediesi che hanno riguardato finora aree quali la stazione, il Movicentro, la zona del cimitero, San Michele e via dei Chiodi. Inoltre in questi giorni si conclude anche la pulizia di via del Castellazzo e di Bellavista. “La prima considerazione - chiosa Vino - è che una gran parte di queste persone sono davvero interessate ad inserirsi nel nostro tessuto sociale, economico e produttivo.Molte cooperative svolgono ancora una gestione assistenzialistica, non in una logica di integrazione, ma alcune realtà hanno un atteggiamento molto disponibile a cogliere tutte le opportunità.La seconda considerazione è che l’immigrazione è sempre stata un’opportunità in tutti i posti nel mondo. Ci sono persone analfabete ma altre che hanno conseguito titoli di studio significativi ed hanno un background culturale solido. Il terzo motivo è che queste persone sul territorio ci sono, molte di loro ci resteranno. Il problema per il comune comincia dal giorno dopo in cui escono dall’accoglienza. Anche ammesso che non venga riconosciuta la protezione internazionale chi avrà un lavoro potrà comunque ottenere un permesso di soggiorno umanitario”.
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