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SAN MAURO. Non è stato un cortocircuito a provocare l'incendio nel condominio dei migranti

A una settimana di distanza dal “fattaccio” di via Casale, manca solo più l’ultima conferma ufficiale. Se l’incendio dei garage del civico 64 è stato doloso lo potrà decretare con certezza soltanto la relazione dei Vigili del Fuoco, ma tutte le piste portano ad una sola conclusione: non è stato un cortocircuito a far prendere fuoco al box auto di Nunzio De Nigris, ovvero il proprietario dell’alloggio affittato alla cooperativa Babel in cui si sarebbero dovuti trasferire 10 migranti provenienti da Benin e Gambia. Tant’è che con tutta probabilità la procura di Ivrea nei prossimi giorni potrebbe aprire un fascicolo sull’episodio. L’elemento che più avvalora la tesi della premeditazione è quello confermato da più di un testimone: tre uomini, di carnagione chiara, sono stati visti fuggire dai garage poco prima che il fumo invadesse l’intero condominio. Sull’identità dei tre non è stata comunicata alcuna informazione: le forze dell’ordine mantengono in questi giorni il più stretto riserbo ma le indagini stanno proseguendo spedite. A far propendere sempre più verso l’origine dolosa del rogo è anche il clima di estrema tensione che si è vissuto all’interno dello stabile al civico 64 nelle ore precedenti all’incendio. Come confermato da tutti i diretti interessati, infatti, nel pomeriggio di martedì scorso tra i residenti e gli operatori della cooperativa ci sono stati scambi poco ortodossi di battute, minacce velate, frasi sgradevoli. L’improvviso arrivo dei sette migranti (cui nei giorni successivi se ne sarebbero dovuti aggiungere altri tre) ha fatto letteralmente uscire dai gangheri un buon numero di inquilini del palazzo, increduli per non essere stati avvisati in anticipo. È emerso soltanto più tardi che in realtà, stando a quanto riportato dai vertici della cooperativa Babel, l’amministratore di condominio era stato avvisato più di due mesi fa. Ma tant’è. Martedì la tensione è salita alle stesse, tanto che sul posto sono intervenuti già nel pomeriggio i carabinieri della caserma di San Mauro e il sindaco Marco Bongiovanni, per cercare di calmare gli animi. Tutto inutile: poche ore dopo è scoppiato l’incendio, nel panico generale. I residenti si sono riversati in strada non appena visto il fumo e udite le prime esplosioni (provocate dai copertoni dell’auto e delle due moto d’epoca all’interno del garage di De Nigris), non sapendo cosa pensare ma soprattutto cosa temere. In quei minuti di caos totale c’è chi ha persino pensato ad un attentato terroristico, magari messo in atto da quegli stessi migranti che il mattino si erano trasferiti nel loro alloggio di 240 metri quadri. Lacrime e crisi isteriche si sono susseguite nei minuti successivi, fin quando non è stato chiaro cosa fosse successo. Anche a quel punto, la paura non è passata: all’interno dei garage c’era infatti una macchina a metano, il che comportava il rischio di un’esplosione così violenta da far saltare tutto il palazzo. E invece nessuno è rimasto ferito nell’incendio. Soltanto un residente, Arcangelo Caminiti, è stato trasportato in ospedale per aver respirato il fumo provocato dal rogo, nel tentativo di spegnere le fiamme e di mettere tutti in salvo. Il bilancio dell’episodio alla fine pesa tutto sulle spalle del proprietario del box auto: a fuoco sono andate un’Alfa Romeo Duetta (d’epoca) e due Vespe, sempre d’epoca. Oltre ad alcune biciclette. Nessuna delle due parti coinvolte (i residenti e la cooperativa) ha fatto alcun passo in direzione dell’altra, nemmeno per chiarire l’accaduto. Entrambi sono vittime di una vicenda che ha gettato un’ombra scura su San Mauro, surriscaldando ancora di più questa torrida estate.
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