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IVREA. Iniziato il processo a Di Fortunato, il medico con il dono dell'ubiquità a spese dell'Asl

IVREA. Iniziato il processo a Di Fortunato, il medico con il dono dell'ubiquità a spese dell'Asl
“Noi non eravamo a conoscenza di nulla”. Flavio Boraso, ex dirigente dell’Asl To 4, lo ha detto e ribadito ieri mattina, nell’aula penale del Tribunale di Ivrea, nel raccontare, piuttosto, lo sgomento e la sorpresa dell’azienda quando, nel 2013, ci si era accorti che qualcosa non tornava nell’attività di Valerio Di Fortunato, 64 anni, primario di otorinolaringoiatria, che risultava contemporaneamente presente presso la struttura e presso cliniche private. Un dono dell’ubiquità attestato dagli orari memorizzati, dal un lato, dal sistema del badge dell’ospedale, dall’altra dalle ricevute rilasciate ai pazienti che si recavano da lui, al Centro Aurora di Ivrea, piuttosto che presso il Centro Studio Medico Canavesano di Rivarolo o presso uno studio privati di Torino, ma anche presso il Centro Terme di Ivrea. Con la differenza che l’attività presso i primi tre studi risultava regolarmente autorizzata dall’Asl, mentre risultava “abusiva” l’attività presso il Centro Terme dove Di Fortunato prescriveva cure termali. Ed è su quest’ultima, in particolare, che si è focalizzata l’attenzione ieri mattina nel corso del processo che vede il medico imputato per truffa ai danni dello Stato dal valore, secondo l’accusa, in mano al Pm Roberta Bianco, di circa 100mila euro per il periodo trascorso dal gennaio del 2009 fino all’agosto 2013. Più di quattro anni. A tanto ammonta la somma che l’otorino avrebbe percepito in maniera illecita approfittando, in barba tanto alle legge quanto alla deontologia professionale, della libertà di esercizio della professione sia in ambito pubblico che privato. Di fronte al giudice Ombretta Vanini è stata sviscerata l’indagine svolta dalla Guardia di Finanza. Un esempio su tutti è l’appostamento risalente all’8 marzo 2013 (sei mesi dopo, a settembre, Di Fortunato verrà licenziato). I finanziari alle 11.50 avevano visto il dottore allontanarsi a piedi in direzione dello studio Ivrea Terme al civico 25 di via Gariglietti, passando per via Arduino. “La nostra attività - ha illustrato uno dei finanziari interrogati - si è basata su un servizio di osservazione e successivamente alla verifica del badge presso l’ospedale. Successivo è stato il decreto di perquisizione di Ivrea Terme dove abbiamo acquisito quattro blocchetti di ricevute rilasciate ai pazienti, inoltre il tenente Mangano aveva anche prelevato degli appunti. Abbiamo poi proceduto ad individuare i pazienti e a sentirli a sommarie informazioni”. Gli atti sono stati prodotti. Il testimone ha precisato che il numero delle visite era decisamente misero rispetto alla sostanziosa attività presso i tre centri autorizzati. In via Gariglietti Di Fortunato avrebbe svolto 13 visite nel 2009 e addirittura soltanto una nel 2013, a fronte della media di 200 visite annue al Centro Aurora. Insomma, “un’attività sporadica, quasi occasionale” per la quale gli erano stati corrisposti 567,65 euro il primo anno, moltiplicando le 13 visite per il tempo stimato di mezz’ora ciascuna moltiplicato ancora per l’indennità oraria di 53,11 euro, come da atti acquisiti presso l’Asl di Chivasso. Una retribuzione indebita a carico del sistema sanitario pubblico a cui vanno aggiunti i 902,87 euro relativi alle cure terapiche per un ammontare di 1460,52 euro. A fronte di una indennità mensile di 1421,2 euro per tredici mensilità relativa alla esclusività che viene corrisposta per legge al responsabile di una struttura sanitaria complessa. Lo stesso Boraso, in aula, ha spiegato in che modo funzionavano le uscite, in che modo venivano rilasciate le autorizzazioni e ha rimarcato che non ne sapessero nulla (ragion per cui l’Asl si è costituita parte civile con l’avvocato Pietro Massaro), posizione che è stata già oggetto di un contenzioso con il dottore. La difesa, affidata all’avvocato Riccardo Mazzucchetti del foro di Torino, sostiene infatti che non poteva non sapere in quanto è la stessa clinica (quindi nel caso delle tre autorizzate), infatti, a inviare agli uffici dell’Asl l’elenco delle prenotazioni e delle visite eseguite. L’azienda sanitaria incassa sull’intramoenia una parte della somma versata dal paziente e il resto viene invece dato al medico.
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