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SETTIMO TORINESE. Sempre dalla parte dei deboli

Uscire dal silenzio è un’associazione Onlus, nata nel 2010, gestita da volontarie che si occupano di tutte quelle persone (donne, anziani, adolescenti) che hanno subito o subiscono una qualsiasi forma di violenza, sia essa fisica, psicologica, economica, sessuale, mobbing o stalking. Per cinque anni il presidente del sodalizio è stata Gianna Meiach, da poco più di un mese ha dato le dimissioni e al suo posto è stata eletta Paola Ferrero, mentre il direttivo è rimasto invariato. Abbiamo intervistato il nuovo presidente e il vicepresidente Natascia Molino per approfondire le attività del sodalizio.   Com’è nata l’idea di realizzare un’associazione per aiutare le vittime di violenza?   L’idea l’abbiamo avuta nella commissione Pari Opportunità che esisteva nel nostro comune negli anni 2008-2010, da lì e nata la volontà di aiutare le donne vittime di violenza. In un primo momento affiancandoci a Banca del Tempo, poi dopo il raggiungimento di una trentina di iscritte siamo riuscite a realizzare lo sportello d’ascolto telefonico per tutte le persone che subiscono violenza e ci siamo sempre impegnate per la raccolta fondi, grazie anche a donazioni effettuate da l’Oreal e dal Rotary femminile, per aiutarle concretamente. Così a marzo del 2012 ci siamo costituite come associazione autonoma e lavoriamo in rete con l’area metropolitana di Torino (prima con la provincia).   Di che cosa si occupano le volontarie?   Tutte seguono corsi di formazione e si alternano allo sportello d’ascolto attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 15,30 alle 18,30, mentre il sabato dalle 9 alle 12. In base alle diverse esigenze e problematiche abbiamo dei legali e degli psicologi di riferimento, abbiamo anche delle volontarie psicologhe che si occupano della prima chiacchierata con la persona vittima di violenza. Siamo in contatto anche con le forze dell’ordine ed i servizi sociali. Schediamo tutte le persone che chiamano e ovviamente garantiamo la massima privacy e riservatezza sulla loro identità. Il numero verde è 800688820 e da poco abbiamo installato anche la segreteria telefonica che oltre a registrare la chiamata quando siamo chiusi la dirotta sulla mail dell’associazione in modo tale che tutte le volontari possano leggerla e quindi, se è il caso, attivarsi subito per aiutare la persona in questione. Le richieste d’aiuto possono arrivarci anche all’indirizzo mail info@usciredalsilenzio.it, specie per le ragazze giovani, che magari preferiscono raccontare la loro storia tramite la parola scritta piuttosto che attraverso il telefono. Inoltre da poco siamo rientrate come associazione nel Forum Donne Settimo e entrate a far parte di Casa dei Popoli per fare sinergia con gli altri sodalizi.   Quante donne avete seguito nel corso dei cinque anni?   Abbiamo seguito 120 donne, precisiamo che non tutte sono state vittime di violenze.   La violenza più ricorrente?   Sicuramente quella domestica. Il 99% dei casi che abbiamo trattato sono stati familiari. Spesso in questi casi le donne non sono indipendenti dal punto di vista economico, non lavorano e non hanno la forza di andarsene da un marito violento. E la separazione spesso causa la divisione di una pensione di 1000 euro in due e entrambi vivono poi in situazioni di povertà. La non autonomia economica è un problema che fa sopportare alla donna le violenze del marito, la sua fragilità le fa accettare le botte. Con la crisi, inoltre, può succedere che il marito diventi disoccupato e ciò lo rende ancora più violento.   Avete richieste da parte solo di donne settimesi o anche di altri comuni?   Settimo è già avanti rispetto ad altri comuni e avere il nostro centro antiviolenza aiuta non solo le donne settimesi ma anche quelle della prima fino ad arrivare alla seconda cintura (Montanaro, Beinasco) torinese. Le più numerose sono richieste di settimesi per via della facilità con cui raggiungerci ma ci sono arrivate richieste d’aiuto dal Piemonte e anche fuori come da Arezzo. Ovviamente per noi è difficile aiutare chi viene da comuni molto distanti, non riusciamo a dare una grande mano, mentre a Settimo e nei comuni limitrofi sappiamo come muoverci. Tutte quelle donne che hanno come riferimento l’ospedale di Chivasso in cui è presente il centro Ametista si rivolgono a noi. L’anno passato su 54 casi di violenze gravi al pronto soccorso, 10 erano di Settimo e le restanti della cintura, potenzialmente tutte possibili donne venute o che potrebbero venire da noi. L’Ospedale di Chivasso sta facendo un grande lavoro, anche quando le donne negano di fronte all’evidenza cercano di capire e approfondire la situazione, non passano sopra alla classica scusa del “sono caduta dalle scale”.   Date aiuto non solo alle donne ma anche ai loro figli.   Sì. Solitamente l’uomo picchia la donna ma lei, nonostante i figli siano lì, non reagisce credendo che prendendosele tutte lei sia meglio, mentre tendenzialmente nel momento in cui il marito prova a picchiare anche i bambini trovano la forza di denunciare e reagire per il loro bene. Però noi vorremmo impegnarci anche sulla violenza assistita dai minori, ossia cercare di aiutare il bambino che vede il padre che picchia la madre, perché il comportamento e l’esempio negativo del genitore può portare il bambino o a diventare una persona debole e quindi che rischia di essere picchiata a sua volta oppure avere degli atteggiamenti aggressivi e menare a sua volta gli altri. Purtroppo su questo abbiamo una grande impotenza perché o la donna esce da questa situazione oppure sta lì, subisce e il bambino ne porterà le conseguenze per tutta la vita.   Chi viene a farsi aiutare di più da voi?   Le donne più anziane, dopo che i figli sono andati via da casa, riescono a liberarsi di più di un marito violento. Verso i 50/60 anni reagiscono e chiedono la separazione, noi abbiamo avuto già diversi casi. La cosa sconvolgente in questi casi, però, è la reazione dei figli che quasi sempre stanno dalla parte del violento e non aiutano le proprie madri. Si schierano dalla parte del più forte, questo è un problema culturale.   E la reazione dei mariti?   A volte sono dispettosi, non vogliono restituire la roba delle mogli. Una volta, per esempio, un uomo ha tagliato tutti i vestiti della moglie prima di darglieli. Fortunatamente abbiamo un deposito in cui teniamo tutti i vestiti donati per l’associazione in cui, in casi come questi, possiamo garantire alle donne, agli uomini e ai bambini del vestiario. Un’altra volta è capitato che un padre non volesse dare il materiale per la scuola al proprio figlio, reazioni assurde in cui se la prendono con i figli dopo che hanno picchiato le mogli per una vita.   Avete avuto casi di stalking?   Per ora ne abbiamo avuto solo uno. La persona è stata sistemata in una Casa Protetta grazie alla collaborazione con il Telefono Rosa. Noi non abbiamo una casa protetta, anche se ci piacerebbe averne una, ma in quattro anni abbiamo raccolto dei fondi che teniamo da parte come risorse per le emergenze per essere pronte qualora ci trovassimo in una situazione in cui serve pagare un posto in una casa protetta per una nostra assistita. Anche perché alcuni centri chiedono dei contributi e non è semplice mandare avanti una casa protetta senza l’aiuta delle altre realtà.   Ci sono stati anche casi di uomini vittime di violenza?   Un solo caso. Ma per cultura è più difficile che un uomo venga a chiedere aiuto. In realtà ci interesserebbe di più provare a capire come riescono ad incrociare i molestatori. Alcuni uomini di cultura elevata chiedono aiuto e sono in grado di fare autocoscienza, infatti esistono in alcune regioni “i cerchio degli uomini”, in cui i molestatori chiedono aiuto, ma sono veramente pochi.   Avete iniziative in programma?   Il 4 marzo si terrà “Venere e Marte così lontani..così vicini. Il coraggio dei gesti e delle parole”. Una commedia musicale scritta dalla nostra volontaria Patrizia Camedda con canzoni sul mondo femminile e la collaborazione con il gruppo fotografico Il Gambero e Centro Nuova Danza. Il ricavato sarà in favore di Usicre dal Silenzio. Le prevendite sono andate meglio del previsto e se continuano così dovremmo chiedere di spostarlo dal teatro civico Garybaldi alla sala Combo.   Progetti futuri?   Il nostro futuro sarà legato al lavoro, agli sportelli, all’aspetto culturale, alle iniziative per raccogliere fondi e alla sensibilizzazione dei giovani. Perché un problema come quello della violenza sulle donne lo risolvi solo attraverso la prevenzione. La nostra priorità saranno le scuole. Se li prendi da piccoli e li sensibilizzi, puoi evitare che diventino persone violente. Abbiamo notato che nelle scuole quando andiamo a parlare non vola neanche una mosca. Con la scuola superiore Galileo Ferraris realizzeremo un progetto in cui i ragazzi lavoreranno sul contrasto alla violenza attraverso la creazione di un video e come associazione daremo un premio ai migliori e se riusciremo ci piacerebbe anche pubblicarlo. Inoltre siamo molto contente che i ragazzi dell’8 Marzo e del Galileo Ferraris abbiamo scelto tra i 10 argomenti da affrontare durante l’autogestione costruttiva: la violenza sulle donne e le pari opportunità. Un segnale non indifferente che mostra l’interesse dei giovani all’argomento e alla necessità di fare cultura, informarsi e prevenire l’emergere di questo problema. Ci piacerebbe anche che parlassero di cosa vedono in famiglia, che magari non dicono a nessuno. Un giorno sarebbe bello avere uno sportello d’ascolto nelle scuole per sentire ed aiutare i ragazzi che hanno una madre succube ed un padre violento.   Che rapporto avete con l’amministrazione?   Non abbiamo avuto nessun problema con l’amministrazione ma neanche grandi rapporti. La sede in cui siamo c’è l’abbiamo grazie a loro. L’unica cosa che possiamo dire e che avremmo bisogno di una sede più grande, con almeno una stanza in più. Purtroppo avendo un unico ambiente quando capita che vengono delle donne a colloquio o se devono parlare con i legali non sempre riusciamo a farle avere la privacy di cui avrebbero bisogno. Spesso, se non ci sono i soci di Banca del Tempo, usufruiamo di una loro stanza, però non possiamo disturbarli sempre. Poi ci piacerebbe anche realizzare uno sportello legale ma è progetto futuro. Vorremmo chiedere anche alle forze dell’ordine settimesi di realizzare “Una Stanza Rosa”, come esistono a Torino e Chivasso, presso la loro caserma dedicata alle donne che sporgono denuncia per violenza. Non è una denuncia qualsiasi e servirebbe un posto riservato e un personale competente e sensibile sull’argomento. La Polizia di Stato presso il tribunale dei minori ad esempio durante i processi presenta, con il consenso delle donne, addirittura i filmati delle denunce delle vittime di violenza per ascoltare e far capire ogni sensazione che la vittima prova mentre ripercorre le violenze subite. Sappiamo che non siamo Torino e non possiamo pretendere che succeda anche qui ma sarebbe già un traguardo avere “La Stanza Rosa” e del personale in grado di gestire queste situazioni e magari avere un delegato di questa città presente nel C.C.P.C.V.D. (il coordinamento cittadino e provinciale contro la violenza sulle donne) che costituisce un’importante rete per l’argomento e a cui noi, come associazione, partecipiamo.      
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