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PONT. Volevano vendere bar. "Ma siamo stati bidonati", due cuneesi alla sbarra

PONT. Volevano vendere bar. "Ma siamo stati bidonati", due cuneesi alla sbarra

tribunale

Cascati come fagioli in una truffa. I coniugi Ferrari avevano deciso, nel 2011, di dar via il loro bar a Pont Canavese. Avevano pubblicato un annuncio, ricevuto una telefonata e la visita di una persona che si diceva interessata. Ma quel contratto si era rivelato truffa. Alla fine i due, marito e moglie, non solo non erano riusciti a vendere, ma ci avevano anche rimesso. Finché, esausti ed esasperati, si erano recati presso la stazione dei Carabinieri per sporgere denuncia. Due cuneesi, adesso, si trovano alla sbarra: Roberto Chiotti, alla sbarra per truffa e difeso dall'avvocato Massimo Campanale, e Adriano Conte, difeso dall'avvocato Stefania Scoglio, quest'ultimo imputato per falso, per essersi finto il padre di Chiotti presentando fasulli documenti di identità. L'incontro risale al luglio di quattro anni fa.

"Avevo un bar a Pont, Chiotti voleva farci una cambiale – ha riferito l'altra settimana in aula, presa da una giustificata agitazione e da tanta rabbia, la persona offesa, Eleonora Iperigne, residente a Valperga -. Quel giorno si è presentato assieme ad un altro signore spacciandolo come suo padre ma che era rimasto in auto". Chiotti sarebbe entrato nel bar, con la cambiale firmata in mano, per un valore di 65300 euro. "Mio padre è anziano, non gli va di scendere..." si sarebbe giustificato. A quel punto Iperigne ed il compagno Carlo Ferrari gli avrebbe chiesto un documento, per essere certi. "Ce l'aveva inviato alcuni giorni dopo via fax ma la foto era completamente nera, non potevamo dire che fosse realmente chi diceva di essere. Ma avevamo notato subito che ci pareva troppo giovane...". Iperigne ha raccontato che la vendita non era andata in porto. "Ci aveva chiesto di chiudere il bar in fretta e furia – ha raccontato al giudice Claudia Colangelo -. E in un mese aveva fatturato 16mila euro. Peccato che non avesse cambiato l'intestazione. Col risultato che le tasse ho continuato a pagarle io. Aveva anche fatto una fattura a mio nome, consegnato le chiavi ad un marocchino e minacciato mio marito dicendo che gli avrebbe spaccato le gambe". Agli atti risulta che nel febbraio 2011 fosse stato firmato un contratto preliminare da rendere definitivo nel mesi successivi, con scadenza al 31 dicembre. "Avevamo concordato prezzi e modalità di pagamento – ha ricordato in aula Carlo Ferrari -. Venuti a galla i problemi, mi aveva minacciato dicendo che avrebbe mandato degli albanesi a far male alla mia famiglia". La coppia si sarebbe ritrovata sul groppone, a sua volta, una denuncia per estorsione sporta dall'imputato. "Chiotti ci aveva chiesto scusa dopo il problema delle cambiali, ci aveva ancora chiesto di poter prendere il locale in gestione. Noi siamo persone stupide, avevamo acconsentito. Non s'è fatto nulla: siamo stati bidonati".

Il processo è stato rinviato al marzo prossimo per la discussione.

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