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07 Luglio 2015 - 10:00
La Grande Guerra vista dagli occhi dei quincinettesi. E' durata circa due mesi l'attività di ricerca e di raccolta del materiale storico, tra fotografie, cartoline, attestati degli inizi del secolo scorso. Il Comune di Quincinetto è riuscito a recuperare circa duecento documenti, ricavando, in un copia e incolla, e in un taglia e cuci, uno spaccato dell'epoca, splendidamente presentato nella partecipatissima serata di venerdì 3 luglio all'Auditorium "Dante Conrero". Un passo indietro di cento anni, tra diapositive e narrazioni, intervallate da canti della Grande Guerra, interviste e ricordi di figli e nipoti dei quincinettesi che furono chiamati alle armi, tra coloro che tornarono e chi invece perì al fronte.
La voce di Giovanni Canale Clapetto li ha ricordati tutti, uno per uno. Ha raccontato dei fratelli dei Monetta, e di come il padre Giovanni, militare nelle precedenti Guerre d'Indipendenza, diceva di loro: "Pietru a le' lestu, al ciapei nin. Doumenic a le' sop su e giù al ciapei nin. Toni a la iei cit, a scera da luntan, al ciapei nin", ed infatti tornarono tutti e tre.
O di Basilio Cipriano che, tornato dal fronte, raccontava raramente e malvolentieri quei tristi ricordi. Quando gli si chiedeva "quanti nemici hai ucciso?", dolorosamente, con lacrime agli occhi, rispondeva "non ho ammazzato nessuno, tra noi nemici non c'era odio, ma reciproca compassione, dovevano ammazzarsi quelli che la guerra l'avevano voluta". Diceva che per non farsi uccidere doveva nascondersi sotto mucchi di cadaveri, per ore.
Giovanni Battista Enrietti conservò invece, per tutta la vita, l'amicizia con Carlo Albertoli. Insieme in trincea un giorno Carlo, addetto a recuperare il rancio, non tornò. Giovanni Battista era molto preoccupato, non esitò, si infilò dentro la galleria per cercare l'amico. Lo vide a terra, ferito. "E' morto", poi un sussulto, lo fece soccorrere e ne andò a prendere il posto. Le cartoline, dopo il conflitto, andarono perse, si ritrovarono dopo 34 anni, nel 1951. "Da allora siamo state due famiglie allargate, noi bambini siamo cresciuti con questa storia, non ricordo festa che non ci arrivava qualche loro regalo" rammenta il nipote Franco.
Antonio Enrietti fu nominato Cavaliere di Vittorio Veneto, onorificenza introdotta nel 1968 e a cui è intitolata l'area attrezzata del parcogiochi. Giacomo Cipriano Moliner, addetto alle mitragliatrici Fiat, diceva che gli facevano riconoscere le mitragliatrici ad occhi bendati. Nei giorni precedenti gli assalti i militari venivano caricati, o meglio storditi, facendoli bere grappa o cognac, lui non ne fece mai uso. Domenico Tonino diceva che gli facevan preparare sacchetti di terra e sabbia, da coprire con rami, per preparare le trincee.
Tanti altri sono gli aneddoti che si potrebbero raccontare e che il Comune ha concentrato in oltre due ore per proiettare, sul finire, le foto dei caduti e dei reduci.
Scoprendo tra l'altro, che va annoverato, tra i caduti, Giacomo Buat, morto nel 1916 per lo scoppio di un confezionamento della bomba nella fabbrica che il Ministero volle costruire sui terreni agricoli di Borgofranco, da cui poi si dispiegarono le vicende Alcan. Ne parla il libro "1915-1918 la Cheddite – la fabbrica di bombe a Borgofranco" dell'autore Michele Righino, edito dall'associazione Mario Clemente, stampato da Bolognino nell'aprile 2015. "Lo presenteremo alla nostra biblioteca" ha anticipato il Sindaco Angelo Canale Clapetto.
I ringraziamenti a tutti coloro che hanno contribuito alla serata. Al Gruppo Alpini, che domenica a Scalaro ha festeggiato i suoi sessant'anni. Al gruppo canoro e alla Pro Loco. A Ivano Buat, Elter Bringhen e Gianni Rossignod per gli aspetti tecnici. A tutti i cittadini che hanno partecipato. L'Inno dei Fratelli d'Italia ha concluso la serata.
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