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12 Maggio 2015 - 08:37
incendio
Il 31 luglio del 2009 le fiamme divamparono nel reparto detto "Naso" della Federal Mogul, presso lo stabilimento di Cuorgnè, arrivando a incendiare il tetto in eternit. Sedici feriti e due lesionati gravi. "Una piccola Thyssenkrupp" temette qualcuno. Per quell'incidente, presso il Tribunale di Ivrea, l'altra settimana, negli stessi giorni in cui si sta celebrando il processo per i morti per amianto Olivetti, è cominciato il processo a carico degli allora responsabili. Alla sbarra il Presidente Daniel Hagranloic, i consiglieri Antonio Sessa e Dario Borghese, i direttori dello stabilimento Savino Tota e Maddalena Marco, e direttamente l'azienda per la parte giuridica. Sono accusati di non aver garantito le misure di sicurezza necessarie, e per la precisione di non aver ottemperato alla normativa Arex, come ha evidenziato il testimone Fabrizio Romano, dipendente dello Spresal dell'Asl To 4 di Ivrea, che intervenne, attraverso decine di sopralluoghi, per risalire alla causa dell'incendio e ricostruire la dinamica.
"Siamo intervenuti – ha ricordato il testimone, interrogato dal Pm Roberta Bianco – nell'immediatezza dei fatti, per un'esplosione di grosse dimensioni che aveva coinvolto un reparto intero, individuato con l'acronimo di Naso, propagandosi in altezza per quattro mesi fino al tetto che era in cemento amianto. Non è stato facile: una ditta specializzata ha provveduto alla messa in sicurezza, verificando che fosse realizzata una copertura in lastre. L'attività riprese dopo tre mesi".
Lo Spresal aveva verificato che l'incendio era scaturito per una anomalia di uno dei due aspiratori che servivano per l'abbattimento polveri. Sedici persone si erano recate a vario titolo presso i nosocomi della zona per intossicazioni, con prognosi tra i sei e gli otto giorni. "E' stata una fortuna – ha sottolineato il tecnico - che quel giorno, nel reparto, ci fossero pochissimi lavoratori e fosse presente un divisore a protezione dell'area di lavorazione". Già dal 2003, la ditta avrebbe dovuto adeguarsi alla normativa in materia. Per questo, sotto la mira dello Spresal era finiti vari dirigenti che avevano amministrato in quei sei anni. In due riportarono le lesioni maggiori: Marco Casella e Gianluca Basile.
"Non ci siamo costituiti parti civili per ignoranza" ha evidenziato Casella, classe 1986, di Castellamonte, davanti al giudice Ludovico Morello. "Era un normale turno di lavoro, ero insieme al collega – ha ricordato il dipendente -. Stavo preparando la macchina. C'è un nastro che viene lavorato e passa in mezzo a delle spazzole. Ci siamo accorti che non funzionava bene, per cui abbiamo aperto lo sportello delle teste di abrasione, nel momento in cui ho infilato le mani per estrale, sono esplose. Sono caduto a terra. Mi sono rialzato per capire cosa stesse succedendo. Le fiamme arrivavano il tetto, fumo denso fino alle ginocchia. Ho cercato di uscire ma sono finito prima nello spogliatoio e poi nel bagno. Per fortuna i colleghi mi hanno visto e portato via". Casella era stato risarcito dall'Inal per danno biologico.
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