La Cappella di San Bernardo, dove è stata accolta la salma della regina Elena e dove troveranno posto nel loculo accanto le spoglie di re Vittorio Emanuele III di Savoia, Vicoforte (Cuneo)
Il tricolore con lo stemma dei Savoia posato sulla bara di legno scuro. Le note del 'Silenzio fuori ordinanza' suonate dalla tromba di un caporalmaggiore degli alpini. La benedizione del rettore, don Meo Bessone. Da oggi Vittorio Emanuele III e la moglie, Elena, riposano uno accanto all'altra nel maestoso Santuario di Vicoforte, a pochi chilometri da Mondovì. Ma il ritorno in patria delle spoglie del re, discusso e controverso, e a bordo di un "volo di Stato", ha riacceso il fuoco delle polemiche. Noemi Di Segni, presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, dice che "in un'epoca segnata dal progressivo smarrimento di valori fondamentali il rientro della salma del re Vittorio Emanuele III in Italia non può che generare profonda inquietudine". Perché, spiega, nel 2018 cadrà l'ottantesimo anniversario "dalla firma delle leggi razziste". E perché il sovrano "fu complice di quel regime fascista di cui non ostacolò mai l'ascesa né la violenza". Opposta la lettura di Aldo Alessandro Mola, già presidente della Consulta dei senatori del Regno, che ha assistito alla cerimonia nel Santuario: "Vittorio Emanuele III era un re costituzionale e non poteva non firmare una legge approvata dal Parlamento". Domani nel Santuario di Vicoforte arriverà in visita l'erede al trono, Vittorio Emanuele: un "omaggio alle sepolture provvisorie dei miei nonni". Parole che confermano la divisione in Casa Savoia tra chi, come lui, per le spoglie dei sovrani vorrebbe definitivamente il Pantheon e chi si contenta della basilica piemontese: è stato soprattutto per volontà di Maria Gabriella, sorella di Vittorio Emanuele, che le spoglie dei due sovrani sono state riunite a Vicoforte. Vittorio Emanuele III è stato portato su suolo italiano a settant'anni dalla morte, due giorni dopo l'arrivo, da Montpellier, della regina Elena. Un velivolo dell'Aeronautica militare ha prelevato la bara ad Alessandria d'Egitto, dove giaceva nella cattedrale di Santa Caterina e, dopo una tappa intermedia, ha fatto scalo all'aeroporto di Cuneo-Levaldigi. La bara è poi giunta al Santuario per una cerimonia descritta come "sobria e discreta": ai giornalisti, ai turisti e ai pellegrini le porte sono state aperte solo dopo due ore. A chiedere al Presidente della Repubblica di interessarsi per far rientrare in Italia le spoglie di Vittorio Emanuele III è stata la famiglia Savoia e Mattarella si è rivolto al Governo per il supporto necessario. Sarebbe stato altrimenti molto difficile, infatti, viene rilevato in ambienti del Quirinale, organizzare il trasferimento dall'Egitto all'Italia. 'Liberi e Uguali', per bocca dell'esponente di Sinistra italiana Giulio Marcon, chiede che "governo e Aeronautica militare spieghino, per decenza, come mai è stato usato un volo di Stato per colui che non si oppose all' avvento della dittatura fascista". "La Comunità ebraica si sente offesa? Ritengo che questa sia un'offesa per tutti...", aggiunge la senatrice M5s Laura Bottici, che invita a parlare comunque di "pensioni e dei problemi del lavoro che affliggono le persone". E per il presidente onorario dell'Anpi, Carlo Smuraglia, "portare la salma in Italia con solennità e volo di Stato è qualcosa che urta le coscienze di chi custodisce una memoria storica. Quella dei Savoia è una vicenda chiusa". Per il rettore del Santuario di Vicoforte, don Meo Bessone, il rimpatrio delle salme di Vittorio Emanuele III e di Elena di Savoia "può rappresentare dal punto di vista civile un'occasione di riconciliazione nazionale". Lo stesso auspicio che, tra i politici, esprime Giorgia Meloni (Fdi). In serata torna a farsi sentire Emanuele Filiberto rivendicando il Pantheon come luogo di sepoltura perchè, "anche se di errori i Savoia ne hanno fatti, riportarli lì significherebbe che siamo in un'Italia nuova, che non dimentica, ma che sa guardare avanti". Emanuele Filiberto, poi, polemizza anche per la 'segretezza' con cui sarebbe stata condotta l'intera operazione. E spiega: "Mio padre ha firmata a settembre una lettera per chiedere l'intervento del presidente Mattarella, perché dopo gli incidenti in Egitto era una follia far rimanere lì il re d'Italia. Due le condizioni: essere informati e che le salme tornassero al Pantheon. Ma da quel momento non abbiamo avuto più notizie. Io credo che in buona fede il Presidente abbia fatto quello che doveva fare pensando che la famiglia fosse unita e si parlasse, invece c'è chi ha scelto il luogo sbagliato", ha detto riferendosi alla zia Maria Gabriella.
Ainis: "Non portare indietro lancette storia"
"Non si può santificare il passato occultando gli eventi tragici" e neppure "portare indietro le lancette dell'orologio". "Al di là delle intenzioni, questa vicenda rischia di essere un ulteriore elemento di punteggiatura in una partitura che stiamo ascoltando e in cui riemergono nostalgie del passato". E' la valutazione del costituzionalista Michele Ainis che sul caso del rientro in Italia delle salme di Vittorio Emanuele III e di Elena di Savoia fa un'analisi politica, a partire da quello dallo scenario attuale. "Sembra quasi - sottolinea - che in una fase di forte incertezza e terribili ansie e inquietudini sul futuro, ci sia uno spazio ritrovato per i fantasmi del passato, come il fascismo, che sembravano consegnati ai libri di storia e invece rispuntano fuori. Il populismo non è un fenomeno facilmente afferrabile, si nutre delle inquietudini della quotidianità, e in ampi settori segnati dalla crisi si alleva una nostalgia del passato, una voglia di riportare indietro le lancette della storia. In questo quadro vanno letti sia i fenomeni di tipo parasquadristico a cui abbiamo assistito, sia certe forme di rimozione". Invece "va detto chiaramente che le leggi razziali del '38 sono state la pagina più vergognosa della storia italiana, e non si può santificare il passato occultando gli eventi tragici". In questo contesto era opportuno organizzare ora il rientro delle salme? "Sono contrario all'esilio dei vivi, figuriamoci quello dei morti. E, ripeto, voglio andare al di là delle intenzioni. Ma un conto è restituire una salma, un'altra è la gloria", fa notare Ainis, secondo il quale va opportunamente soppesato il fatto che la tumulazione sia avvenuta nel Santuario di Vicoforte, e non al Pantheon, che secondo casa Savoia e i monarchici, è la sede appropriata di sepoltura. "Non c'è un diritto costituzionale a essere sepolti Pantheon - osserva il giurista - né c'è una ragione di continuità, visto che al Panteon ci sono alcuni alcuni re e alcuni grandi italiani, quindi non c'è una sequenzialità che sarebbe stata intererotta per Vittorio Emanuele III". "Da costituzionalista, voglio sottolineare che nella Costituzione abbiamo l'articolo 139 che dice che non si può restaurare la monarchia e l'articolo 12 delle disposizioni transitorie che vieta la ricostituzione del partito fascista. Il senso che i padri costituenti hanno voluto dare è che si va avanti, non si deve tornare indietro. Qualcuno oggi dice: che senso ha l'antifascismo se non c'è più fascismo? Ma antifascismo è innanzitutto memoria del fascismo e opposizione a chiunque cerchi di sopraffare l'altro e sequestrare la mia volontà. E oggi il rischio della sanatoria, c'è".
Guardia d'onore Pantheon,'stiano tutti a Roma'
"I Savoia hanno fatto l'Italia, è giusto che stiano a Roma. Non perdiamo la speranza di portare Vittorio Emanuele III al Pantheon", dice un'anziana volontaria della Guardia d'Onore, un corpo che da quasi 140 anni fa da 'custode' alle tombe reali. Anzi, secondo i monarchici il ritorno in Italia dall'Egitto del penultimo re è solo un primo passo per riportare a Roma i re in esilio, Vittorio Emanuele III e il re di maggio Umberto II. "Noi sapevamo della notizia da venerdì. Vittorio Emanuele III riposerà per un po' al santuario di Vicoforte ma, vedrà, tra qualche mese arriverà a Roma. Entro Pasqua": azzarda anche una previsione Evangelista Di Nardo, un altro volontario della Guardia d'Onore. "Lo porteremo qui a nostre spese, non chiederemo niente allo Stato. C'è anche il posto", assicura, mentre è intento a raccogliere firme "in onore" dei re in un librone nero davanti alla tomba di Umberto I. "I veri monarchici, figli di monarchici, sono d'accordo che non si può basare il giudizio della storia su un atto", l'incarico di governo a Mussolini. L'Istituto nazionale per la Guardia d'Onore, di cui è presidente onorario Vittorio Emanuele di Savoia, conta 5mila soci, è nato nel 1878, anno della morte del primo re d'Italia, Vittorio Emanuele II. I combattenti delle guerre risorgimentali che fondarono l'Istituto intendevano rendere omaggio al re, all'unità d'Italia e all'Indipendenza della Patria. Ora l'obiettivo è diventato preservarne la memoria, facendo del Pantheon un tempio solenne della monarchia, riportando le spoglie di Vittorio Emanuele III a Roma per erigere un monumento funebre accanto alle tombe di Vittorio Emanuele II e di Umberto I e della Regina Margherita. L'occasione per ripetere l'appello in tal senso al presidente delle Repubblica, sarà la celebrazione il 28 dicembre di una messa per i 70 anni dalla morte del sovrano, alla quale è attesa la presenza anche di Emanuele Filiberto di Savoia. Vittorio Emanuele III morì il 28 dicembre 1947, solo pochi giorni prima dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, il primo gennaio 1948. Un nuovo momento celebrativo ci sarà il 21 gennaio prossimo, in occasione del 140/o anniversario della fondazione dell'Istituto Nazionale per la Guardia D'Onore, quando sarà celebrata, sempre al Pantheon, una messa in onore dei Re e delle Regine d'Italia.
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