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Natale a tempo per la famiglia nel bosco: due ore e mezza di abbracci, poi lo stop

Visita straordinaria il 25 dicembre, ma senza pranzo: scoppia il caso

Natale a tempo per la famiglia nel bosco: due ore e mezza di abbracci, poi lo stop

Natale a tempo per la famiglia nel bosco: due ore e mezza di abbracci, poi lo stop

Alle 10 in punto del 25 dicembre 2025, mentre altrove si apparecchia la tavola, Nathan Trevallion varca la soglia della struttura protetta di Vasto con un furgone carico di regali senza plastica e una regola scritta, non negoziabile. Due ore e mezza. Dalle 10 alle 12.30. Il permesso è chiaro: abbracci consentiti, ma a tempo. Niente pranzo, nessuna deroga. Il rumore del cellophane che si strappa rimbalza nel salone spoglio mentre un padre conta i minuti per fare quello che altrove sembra scontato: stare con i figli a Natale. Fuori, la discussione pubblica esplode; dentro, tutto resta misurato, vigilato, cronometro alla mano.

È il Natale della cosiddetta “famiglia nel bosco”, diventata in poche settimane uno dei casi più discussi d’Abruzzo. I tre minori, insieme alla madre Catherine Birmingham, vivono da oltre un mese nella casa famiglia. Per il padre, l’incontro straordinario del 25 dicembre è un’eccezione concessa ma subito delimitata. La direzione della struttura conferma la linea seguita: niente pranzo collettivo per evitare “precedenti” rispetto agli altri ospiti. Una scelta che, spiegano, risponde a regolamenti interni uguali per tutti. Le due ore e mezza rappresentano già un’estensione rispetto alle visite ordinarie. Lo aveva anticipato alla vigilia anche il sindaco di Palmoli, Giuseppe Masciulli, parlando di un padre “stanco e deluso, com’è normale che sia”, ricordando però che incontri settimanali erano già garantiti. Il risultato è un Natale a porte socchiuse: regali scartati in fretta, parole sottovoce, poi lo stop.

Mentre la scena familiare resta compressa nel tempo, il dossier giudiziario entra nella sua fase decisiva. Il Tribunale per i minorenni dell’Aquila ha scelto la strada della tecnica, disponendo valutazioni psichiche sui genitori e un’indagine psico-diagnostica sui tre bambini. Il collocamento in struttura è stato confermato e l’accertamento affidato a una consulenza tecnica d’ufficio. La CTU sarà svolta dalla psichiatra Simona Ceccoli, con incarico formale fissato per il 5 gennaio e 120 giorni di tempo per depositare le conclusioni. Un calendario serrato, che prevede il coinvolgimento dei consulenti di parte, osservazioni sui quesiti, una relazione aggiornata dei servizi sociali entro il 30 gennaio e il deposito di memorie fino al 15 febbraio. L’obiettivo dichiarato dai giudici resta uno solo: verificare, con strumenti indipendenti, quali siano le reali condizioni di tutela dei minori, sul piano educativo, sanitario e relazionale.

Gli atti richiamati dalle cronache spiegano perché, il 20 novembre 2025, la responsabilità genitoriale sia stata sospesa in via cautelare. Le criticità riguardano le condizioni abitative inizialmente giudicate disagevoli, l’assenza di una istruzione scolastica formalizzata, le lacune nell’assistenza sanitaria e nel percorso vaccinale, oltre al rischio di deprivazione tra pari, cioè una carenza di relazioni continuative con coetanei. Alcuni di questi elementi, come l’abitazione, sono stati parzialmente superati dal comodato gratuito di un casale offerto dall’imprenditore Armando Carusi, ma per i giudici il nodo centrale resta l’educazione e la socialità. Il 19 dicembre, la Corte d’Appello dell’Aquila ha respinto il reclamo della coppia, riconoscendo “progressi apprezzabili” ma invitando i genitori a superare un “muro di diffidenza” nei confronti delle istituzioni.

Sul fronte opposto, la difesa — gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas — contesta l’esistenza dei presupposti di urgenza per l’allontanamento, rivendica documentazione sull’istruzione parentale e materiale che attesterebbe momenti di socialità dei bambini. Sostiene che l’istruzione parentale sia un diritto costituzionalmente garantito e che le aperture annunciate — iscrizione a scuola, completamento delle vaccinazioni, collaborazione con i servizi — siano impegni concreti, non promesse vuote. Sarà la CTU, ora, a verificare se quei passi possano tradursi in un progetto educativo stabile e monitorabile.

Nel frattempo, la vicenda è diventata terreno di scontro politico. Proprio il giorno di Natale, Matteo Salvini pubblica un video parlando di “vergogna” e di “violenza istituzionale” per il pranzo negato. La replica arriva dall’ANM Abruzzo, con la presidente Virginia Scalera, che definisce “scomposti e offensivi” gli attacchi ai magistrati e richiama al rispetto della separazione dei poteri. Il Ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, ha avviato accertamenti amministrativi, mentre il CSM è stato investito di una richiesta di tutela per i magistrati coinvolti, a partire dalla presidente del Tribunale per i minorenni, Cecilia Angrisano, finita — secondo le cronache — nel mirino di insulti e minacce. Un’esposizione inusuale per un procedimento minorile, che per sua natura dovrebbe restare riservato, e che gli stessi giudici hanno già indicato come potenzialmente pregiudizievole per i bambini.

La decisione della casa famiglia di dire no al pranzo resta il punto più emotivo del racconto. Le fonti interne parlano di regole pensate per tutelare l’equilibrio di una comunità che ospita più nuclei fragili: concedere un’eccezione conviviale avrebbe potuto innescare richieste a catena e tensioni interne. Da qui la scelta di estendere il tempo di visita senza trasformarlo in un momento speciale. Una soluzione coerente con prassi diffuse nel sistema delle comunità educative, ma difficilmente digeribile fuori da quel perimetro.

Ora tutto converge sui 120 giorni della perizia. È il tempo che serve per osservare i bambini nel contesto attuale, valutare le competenze genitoriali, misurare la capacità di rispondere ai bisogni affettivi, educativi e sanitari dei figli, e capire se possano esistere — e a quali condizioni — percorsi di rientro nel nucleo familiare. Dal 5 gennaio inizieranno colloqui clinici, osservazioni in setting protetti, test psicodiagnostici, confronto con servizi e, se necessario, valutazioni degli ambienti di vita proposti dai genitori. Nel frattempo, gli incontri protetti proseguiranno e la madre continuerà a vivere quotidianamente con i minori nella struttura.

A Palmoli, intanto, la comunità osserva e attende. C’è chi tende la mano e chi invita alla prudenza, consapevole che il tempo della tutela è lento e mal si concilia con quello dei social. Il Natale di Nathan Trevallion, consumato tra abbracci contati e regali di pezza, resta un’immagine potente. Ma il punto, al netto dell’indignazione, è un altro: capire, con metodo e senza clamore, se e come quell’abbraccio potrà un giorno allungarsi oltre le 12.30. Non per concessione, ma per diritto dei bambini.

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