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Cronaca

'Ndrangheta in Piemonte: ad Alessandria maxi sequestro della Dia da 3 milioni di euro

Sequestrati beni tra case, imprese e conti: una delle più grandi operazioni patrimoniali mai viste in provincia

'Ndrangheta in Piemonte: ad Alessandria maxi sequestro della Dia da 3 milioni di euro

'Ndrangheta in Piemonte: ad Alessandria maxi sequestro della Dia da 3 milioni di euro (immagine di repertorio)

Non un semplice blitz, ma qualcosa che pesa di più: i soldi. È lì che la Direzione investigativa antimafia ha colpito, con un sequestro preventivo da circa tre milioni di euro disposto dal Tribunale di Torino nei confronti del patrimonio riconducibile a un pregiudicato di Alessandria, già condannato in via definitiva per una lunga serie di reati e ritenuto vicino ad ambienti della ’ndrangheta. Un’operazione che segna un punto fermo nella strategia di contrasto alla criminalità organizzata in Piemonte e che, per dimensioni, viene considerata tra le più rilevanti mai eseguite in provincia sul fronte delle misure di prevenzione patrimoniale.

Il provvedimento nasce da una proposta congiunta della Dia di Torino e del questore di Alessandria ed è stato eseguito insieme alla Questura. Al centro dell’inchiesta c’è un patrimonio giudicato sproporzionato rispetto ai redditi leciti dichiarati, accumulato – secondo gli investigatori – attraverso attività illecite e occultato tramite intestazioni fittizie a familiari e prestanome. Un meccanismo classico, ma efficace, che per anni avrebbe consentito di schermare beni e attività economiche dai controlli dello Stato.

Il sequestro riguarda otto immobili, tre imprese, 58 beni mobili registrati – tra cui veicoli – e 21 rapporti finanziari, tra conti correnti e strumenti bancari. Un patrimonio articolato, distribuito su più territori e ricostruito attraverso complesse indagini economico-finanziarie che hanno permesso di risalire alla reale disponibilità dei beni, al di là delle intestazioni formali.

L’uomo al centro del provvedimento non è una figura marginale. Il suo curriculum giudiziario parla chiaro: associazione a delinquere, riciclaggio, estorsione, traffico di stupefacenti, detenzione di armi ed esplosivi. Reati gravi, reiterati, che hanno già portato a condanne definitive. Le indagini patrimoniali hanno inoltre fatto emergere contatti con ambienti della ’ndrangheta attivi tra Piemonte e Calabria, confermando come anche il territorio alessandrino sia parte delle dinamiche di espansione e radicamento della criminalità organizzata di matrice mafiosa.

Le operazioni di sequestro non si sono fermate ad Alessandria. I controlli hanno interessato anche le province di Torino, Savona e Bolzano, restituendo l’immagine di un patrimonio diffuso, frammentato su più regioni, e di attività economiche utilizzate come strumenti di accumulazione e riciclaggio. Ed è proprio durante questi accertamenti che sono emersi ulteriori elementi di illegalità: su alcuni veicoli aziendali sono state individuate parti meccaniche rubate, circostanza che ha portato a nuove denunce per ricettazione, riciclaggio e truffa assicurativa a carico del pregiudicato e del figlio.

Ora la vicenda entra nella sua fase decisiva. Davanti al Tribunale di Torino dovrà essere valutata la confisca definitiva dei beni, che trasformerebbe il sequestro in una perdita irreversibile del patrimonio accumulato. Contestualmente, il giudice dovrà pronunciarsi sull’eventuale applicazione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, misura personale pensata per limitare la capacità di azione e di relazione di soggetti ritenuti socialmente pericolosi.

È una fotografia nitida di come oggi passa la linea più efficace nel contrasto alle mafie: seguire i flussi di denaro, smontare le ricchezze, spezzare la continuità economica che alimenta il potere criminale. Ad Alessandria, questa volta, il colpo non è arrivato all’alba con le sirene, ma a freddo, con i conti che si svuotano e le proprietà che passano di mano. È lì che la ’ndrangheta fa più fatica a difendersi.

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