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Cronaca

Bimba morta sull’A5, l’autista del furgone è di Busano: choc, urto e fuga lungo l’autostrada

Il 40enne ha ammesso l’impatto con la Fiat 500X della mamma di Lucia, la neonata sbalzata fuori dall’auto e investita. Indagine per omicidio stradale aggravato dall’omissione di soccorso

Bimba morta sull’A5, l’autista del furgone è di Busano: choc, urto e fuga lungo l’autostrada

Bimba sbalzata e uccisa sulla A5: identificato il furgone, un uomo è indagato

Era sotto choc, dice oggi. Spaventato, confuso, incapace di capire fino in fondo cosa fosse appena successo. «Non nego l’impatto, ma ho perso la testa», racconta ora agli inquirenti il conducente del furgone bianco che sabato sera, lungo l’autostrada A5 Torino-Aosta, all’altezza di Volpiano, ha dato origine a una tragedia che ha spezzato una vita di pochi mesi e distrutto per sempre quella di una famiglia.

Alla guida di quel Ford c’era un uomo di 40 anni, residente a Busano, dipendente di una ditta che si occupa di lavori idraulici. Sta lavorando, percorre l’autostrada in direzione Aosta, quando davanti a lui viaggia una Fiat 500X. Al volante c’è Costanza Fiore, con accanto la cosa più preziosa che possa esistere: sua figlia Lucia Tonino, una neonata che avrebbe compiuto tre mesi il giorno dopo.

Secondo il racconto fornito dall’uomo ai carabinieri, tutto accade in pochi istanti. La Fiat 500X sterza improvvisamente verso il centro della carreggiata. «Ho provato a frenare all’ultimo momento per evitarla, ma non ci sono riuscito», spiega. L’impatto è inevitabile. Il furgone colpisce l’auto nella fiancata posteriore sinistra. Da lì, la sequenza è incontrollabile: la vettura inizia a sbandare, compie una serie di carambole violente e termina la sua corsa nella piazzola di emergenza.

Ma l’urto ha conseguenze devastanti. Nell’auto, Lucia dorme nel suo ovetto. Secondo quanto emerso dalle prime verifiche, il seggiolino potrebbe non essere stato correttamente assicurato al sedile. Un dettaglio tecnico che ora assume un peso enorme. Nell’impatto, la neonata viene sbalzata fuori dall’abitacolo insieme all’ovetto.

Il corpo della bambina viene ritrovato sull’asfalto, tra la prima corsia e quella di emergenza, a pochi metri dalla piazzola. Poco distante c’è il seggiolino, finito anch’esso sulla carreggiata. Una scena straziante, che restituisce tutta la violenza di quanto accaduto e che segna il punto più tragico della vicenda.

È proprio in quel momento che entra in gioco un altro elemento ancora avvolto nell’ombra: una terza auto. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, dopo essere stata sbalzata fuori dall’auto, Lucia sarebbe stata investita da un altro veicolo in transito. Chi guidava non si è fermato. Non ha prestato soccorso. È fuggito. E, ad oggi, non è ancora stato identificato.

Nel frattempo, anche il conducente del furgone compie una scelta che pesa come un macigno sull’inchiesta. Dopo l’impatto, si ferma per un breve istante. Scende dal mezzo, guarda la fiancata anteriore destra del Ford e nota un bollo evidente. «Ero spaventato, sotto choc», dirà poi. Risale a bordo e se ne va. Non chiama i soccorsi. Non contatta le forze dell’ordine. Riparte, lasciandosi alle spalle una scena che di lì a poco si rivelerà drammatica.

Nelle ore successive, la versione fornita dall’uomo non corrisponde a quella che emergerà poi. Al datore di lavoro racconta che quel danno sul furgone è stato causato dall’urto con un cinghiale. Una spiegazione che ribadisce anche la mattina seguente, quando gli agenti della polizia stradale, risaliti al mezzo grazie alle indagini, si presentano nel cortile dell’azienda per sequestrare il furgone.

Solo lunedì, a circa 48 ore dall’incidente, il 40enne decide di presentarsi spontaneamente dai carabinieri. Ed è lì che la versione cambia. Ammette l’impatto con la Fiat 500X, racconta la dinamica, parla della paura, dello smarrimento, del panico. «Non volevo scappare, devo aver perso la testa», dice. Ma a quel punto la Procura ha già delineato il quadro.

L’uomo viene iscritto nel registro degli indagati per omicidio stradale aggravato dall’omissione di soccorso. È indagato a piede libero ed è assistito dall’avvocato Paolo Gramaglia. Un’accusa pesante, che tiene conto non solo dell’impatto, ma soprattutto della scelta di allontanarsi senza prestare aiuto.

Nel fascicolo aperto dalla Procura di Ivrea compare anche il nome della madre di Lucia, Costanza Fiore. Un’iscrizione definita tecnica, necessaria per consentire tutti gli accertamenti. La donna, a seguito dell’incidente, ha riportato un trauma cranico, giudicato guaribile in 15 giorni. Ma è soprattutto il suo stato emotivo a destare preoccupazione. È seguita da una rete di assistenza psicologica, perché il dolore per la perdita della figlia e il trauma vissuto sono enormi. La sua difesa è affidata all’avvocata Emiliana Olivieri.

Resta ora da chiarire uno degli aspetti più delicati: l’identità del conducente della terza auto. Chi ha investito il corpo della neonata? Perché non si è fermato? Le indagini proseguono con l’analisi dei transiti, delle testimonianze e di ogni elemento utile lungo quel tratto di autostrada. Anche per lui potrebbe scattare una denuncia, ma molto dipenderà dagli accertamenti medico-legali.

Un passaggio cruciale sarà l’autopsia sul corpo di Lucia, fissata per lunedì. L’esame sarà eseguito dalla medico legale Valentina De Biasio, su incarico del pm Mattia Cravero. All’accertamento parteciperanno anche i consulenti delle parti: la dottoressa Valentina Vasino per il conducente del furgone e il medico legale Lorenzo Varetto per la mamma della bambina. L’autopsia dovrà chiarire le cause esatte del decesso e il ruolo dei diversi eventi che si sono susseguiti.

Intanto resta una tragedia che lascia senza parole. Una sequenza di scelte, paure, omissioni e secondi decisivi che hanno tolto la vita a una neonata di pochi mesi. Un’autostrada trasformata in teatro di un dolore assoluto. E una vicenda che ora chiede verità, responsabilità e giustizia. Insomma.

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