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Cronaca
12 Dicembre 2025 - 11:09
Carcere di Torino, un’altra aggressione e un agente finisce in ospedale
Un’altra aggressione, un altro agente ferito, un altro episodio che riaccende i riflettori su una situazione che da mesi viene definita senza mezzi termini fuori controllo. Al carcere di Torino la violenza torna a esplodere e questa volta il bilancio è pesante: trenta aggressioni e quaranta agenti feriti dall’inizio del 2025, numeri che raccontano molto più di una semplice emergenza episodica.
L’ultimo episodio risale a ieri, 11 dicembre, intorno alle 15, all’interno della 7ª sezione del Padiglione A. Un detenuto ventenne di origine marocchina, appena rientrato da un’udienza, ha aggredito improvvisamente un agente della polizia penitenziaria, colpendolo ripetutamente con pugni al volto. L’agente ha riportato un forte trauma al naso e, nel tentativo di contenere l’aggressione, ha subito un grave infortunio al ginocchio sinistro, con rottura del legamento crociato.
Le condizioni dell’agente sono apparse subito serie. È stato necessario l’intervento del 118, che lo ha trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria di Torino. Qui i medici lo hanno dimesso con una prognosi di 20 giorni, in attesa di un intervento chirurgico che potrebbe allungare ulteriormente i tempi di recupero. Un altro nome che si aggiunge a una lista già lunga di operatori finiti al pronto soccorso mentre svolgevano il proprio servizio.
Secondo quanto ricostruito, l’aggressione è avvenuta senza alcun preavviso. L’agente, con l’aiuto di altri tre colleghi, è riuscito a contenere il detenuto e a impedirgli di uscire dalla sezione, chiudendo rapidamente la porta di accesso. Un’azione che ha evitato conseguenze ancora più gravi, ma che non cancella la dinamica di un episodio definito dagli operatori come estremamente violento. Solo l’intervento tempestivo di altro personale ha permesso di riportare la situazione sotto controllo.

A denunciare l’accaduto è l’OSAPP, che parla apertamente di totale abbandono delle carceri italiane e di una condizione lavorativa diventata insostenibile. Il segretario generale Leo Beneduci non usa giri di parole e descrive il carcere torinese come «completamente allo sbando». Secondo il sindacato, la popolazione detenuta sarebbe sempre più aggressiva e violenta, mentre la polizia penitenziaria è lasciata a fronteggiare situazioni di altissimo rischio senza adeguati mezzi di protezione e supporto.
«Non possiamo più continuare a lavorare in queste condizioni», afferma Beneduci, parlando di una realtà che definisce senza esitazioni follia pura. L’appello è chiaro e diretto: servono misure di sicurezza rafforzate, più personale e protocolli adeguati per tutelare sia gli agenti sia i detenuti. «La situazione è ormai insostenibile», ribadisce il segretario OSAPP, sottolineando come a pagare il prezzo più alto siano sempre gli operatori.
A rendere il quadro ancora più critico è il sovraffollamento. Il carcere di Torino ospita attualmente oltre 1.475 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di circa 1.023 posti. Numeri che raccontano di una pressione costante su una struttura obsoleta, già fragile dal punto di vista organizzativo e logistico. Una condizione che, secondo il sindacato, alimenta tensioni quotidiane e rende sempre più difficile garantire sicurezza e controllo.
Nonostante la gravità della situazione, l’OSAPP denuncia una mancanza di risposte concrete da parte delle autorità regionali e centrali dell’amministrazione penitenziaria. Nessun intervento strutturale, nessuna riduzione significativa della pressione sull’istituto, mentre gli episodi di violenza continuano a moltiplicarsi.
Il nuovo appello è rivolto direttamente al Ministero della Giustizia, affinché venga avviata una riforma urgente del sistema carcerario che rimetta al centro sicurezza, rispetto delle regole e protezione degli operatori penitenziari. Perché, avvertono i sindacati, senza un cambio di rotta immediato il rischio è che il carcere di Torino diventi davvero una polveriera pronta a esplodere, con conseguenze imprevedibili per chi ci lavora e per l’intero sistema.
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