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Cronaca
10 Dicembre 2025 - 18:53
Pjetri G., un cittadino albanese di 38 anni (classe 1987), è stato condannato oggi dal Tribunale di Torino per essere evaso dagli arresti domiciliari e resistenza a pubblico ufficiale.
Il giudice Elisabetta Chinaglia ha riconosciuto l'imputato colpevole e lo ha condannato a un anno e due mesi di reclusione. Oltre alla pena detentiva, Pjetri G. è stato condannato al risarcimento di 1.500 euro a favore della persona offesa, il maresciallo dei Carabinieri Enrico Pocchi, in servizio presso la sezione del nucleo operativo di Moncalieri, assistito dall'avvocato Giuseppe Cosentino.
I fatti contestati risalgono al 25 ottobre 2025 a Carignano (Torino) quando Pjetri G. si trovava agli arresti domiciliari con l'obbligo del braccialetto elettronico, una misura cautelare disposta a seguito di un patteggiamento per spaccio di stupefacenti (come specificato poi dalla difesa, si trattava di hashish).
Al culmine della frustrazione, l'uomo aveva manomesso e tranciato il braccialetto elettronico grazie all’aiuto di un conoscente, con lo scopo di correre dalla donna con la quale ha una relazione. Accanto al dispositivo rotto, i Carabinieri avevano trovato un biglietto, un messaggio che recitava: "mi dispiace, devo tornare in Albania, un giorno la pagherò, scusatemi tanto."
Il comando dei carabinieri, allertato dalla segnalazione, aveva immediatamente avviato le indagini per rintracciare l’uomo. In pochi giorni scoprono della sua relazione con una donna di nazionalità romena, identificata come Vanessa, il cui indirizzo viene immediatamente rintracciato.
Durante un appostamento nei pressi della casa della donna, il 31 ottobre 2025, i carabinieri hanno riconosciuto Pjetri G, anche grazie a un dettaglio distintivo: l'uomo ha tre lettere tatuate sul viso.
I due Carabinieri sono scesi dall'auto per effettuare gli accertamenti, intimando all'uomo di fermarsi. L'uomo, tuttavia, ha accelerato il passo tentando di allontanarsi. Il maresciallo Pocchi è riuscito comunque a raggiungerlo e a bloccarlo, mettendogli una manetta.
La Colluttazione: È a questo punto che, secondo l'accusa, Pjetri G. ha messo in atto una fortissima resistenza durata circa dieci minuti. Durante la colluttazione, l'imputato ha iniziato a insultare le Forze dell'Ordine e ha spinto ripetutamente sul petto il maresciallo Pocchi. Riuscito momentaneamente a liberarsi da una delle manette, l'uomo ha telefonato a una donna che ha raggiunto immeditamente Pjetri G., alla quale ha poi consegnato r un giubbotto smanicato e un borsello a tracolla che portava con sé. Le indagini successive hanno stabilito che l'utenza telefonica apparteneva a "Vanessa", ma non è stato possibile identificare la donna sul momento.
Solo con il sopraggiungere di una volante della Polizia è stato possibile immobilizzare e ammanettare completamente l'uomo, che è stato poi trasportato negli uffici dei Carabinieri, dove ha continuato a mantenere un atteggiamento rissoso e poco collaborativo.
Il maresciallo Pocchi è poi dovuto ricorrere alle cure ospedaliere a causa dei colpi ricevuti durante l'arresto, riportando lesioni al costato e numerosi tagli alle mani. In aula, il maresciallo ha anche sottolineato il forte turbamento e la frustrazione causati da quel violento episodio.
Sulla base della testimonianza del maresciallo e il verbale di arresto,il Pubblico Ministero ha richiesto una condanna a un anno e sei mesi di reclusione. La Difesa ha invece chiesto il minimo della pena, contestando in particolare il reato di resistenza all'arresto. Secondo l’avvocato Nadia Di Brita l'imputato avrebbe solo commesso l'evasione, ma la resistenza era stata una reazione alle "modalità non conformi alla dignità della persona" utilizzate dai Carabinieri, soprattutto considerando una precedente frattura alla mano dell'imputato. La difesa ha sostenuto che l'uomo non stesse scappando dopo il secondo richiamo e non fosse armato. L'imputato, nel corso della sua deposizione, ha negato di aver insultato e di essersi sottratto all'arresto, sostenendo invece che il maresciallo gli avesse puntato la pistola.
Nonostante le richieste difensive, inclusa quella di commutare la custodia cautelare con l'obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, il giudice ha deciso di condannare Pjetri G. per entrambi i reati che gli erano contestati.

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