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Cronaca
08 Dicembre 2025 - 09:52
Sassi da cinque chili e bombe carta al cantiere Tav: notte di tensione a Chiomonte, funzionario di polizia ferito al volto
La notte di Chiomonte è tornata a illuminarsi di bagliori e detonazioni. Nel cantiere dell’alta velocità, teatro da anni di scontri e azioni dimostrative, il copione delle tensioni si ripete, ma con un’aggressività che secondo la polizia segna l’ennesimo salto di livello. Un funzionario è rimasto ferito al volto, colpito da un oggetto lanciato durante l’attacco di un gruppo riconducibile all’area No Tav. Le circostanze, riportate in una nota del sindacato Fsp Polizia, descrivono una dinamica che va oltre il consueto lancio di pietre: vengono citate bombe carta imbottite di bulloni e chiodi e sassi da cinque chili scagliati con rudimentali catapulte, costruite utilizzando gli alberi come sostegno.
Secondo la ricostruzione diffusa dalla sigla sindacale, i militanti avrebbero agito “in modo deliberato e organizzato”, raggiungendo le recinzioni con materiale offensivo preparato in anticipo. Una metodologia che, nelle parole del segretario provinciale Luca Pantanella, rientrerebbe in un disegno preciso e ormai strutturato. La ferita riportata dal funzionario — pochi centimetri più in là, sostiene il sindacato, avrebbe potuto provocare danni permanenti — viene presentata come l’ennesima prova della pericolosità degli attacchi notturni al cantiere.
In questo contesto, l’Fsp solleva un tema che ciclicamente riemerge quando le tensioni in Val di Susa tornano a farsi acute: l’adeguatezza degli strumenti di difesa in dotazione alle forze dell’ordine. Idranti e lacrimogeni, sostiene il sindacato, non sarebbero più sufficienti a contenere gruppi che negli anni hanno maturato familiarità con tali strumenti e adottato tecniche per ridurne l’efficacia. Pantanella chiede apertamente l’introduzione dei proiettili di gomma, misura che in Italia non è prevista nei servizi di ordine pubblico e che storicamente divide politica, giuristi e operatori della sicurezza.

Il ragionamento dell’Fsp non si limita all’aspetto tecnico, ma tocca un livello più ampio, quello della responsabilità politica. Nella nota diffusa alla stampa viene criticata l’assenza di interventi strutturali, definita come una “inerzia” che lascerebbe gli agenti “a fare da bersaglio”. Una posizione dura, che individua nel clima politico locale un elemento di criticità, arrivando a menzionare la presenza dell’area antagonista torinese — in particolare il centro sociale Askatasuna — e accusando implicitamente l’amministrazione comunale di non avere contrastato con decisione la permanenza di quelle che definisce “basi operative” dei gruppi coinvolti negli assalti.
Il dibattito, prevedibilmente, si riaccende. La frattura storica tra sostenitori e oppositori della Tav ricompare ogni volta che si verifica un episodio violento, ma la dinamica descritta dal sindacato — con catapulte improvvisate e ordigni artigianali potenzialmente lesivi — riporta la discussione su un terreno ancora più delicato. Da un lato il tema della sicurezza degli operatori impegnati nel cantiere, dall’altro quello della gestione dell’ordine pubblico in una valle dove la protesta, pur articolata e non omogenea, presenta da anni un fronte radicale che sceglie lo scontro diretto come forma di opposizione.
La ferita al funzionario aggiunge una nuova tessera a un mosaico già complesso. Le indagini interne ricostruiranno tempi, distanze e traiettorie, ma il punto centrale resta lo stesso: a Chiomonte la tensione non si è mai davvero placata. E ogni nuova notte di scontri riapre un interrogativo che da più di un decennio accompagna la Torino-Lione: come evitare che un conflitto infrastrutturale si trasformi, ancora una volta, in un terreno permanente di rischio per chi opera sul fronte dell’ordine pubblico.
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