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Cronaca

Uccise due rapinatori, gioielliere condannato in appello: «Siamo noi le vere vittime!»

Quattordici anni e nove mesi non bastano a spegnere un caso che divide tribunali, famiglie e politica

Il gioielliere che uccise due rapinatori ora denuncia i giudici: la nuova sentenza accende la rabbia

Il gioielliere che uccise due rapinatori ora denuncia i giudici: la nuova sentenza accende la rabbia (foto di repertorio)

La nuova sentenza non placa nulla. Anzi, riaccende un caso che da quattro anni divide l’opinione pubblica. La Corte d’Appello di Torino ha condannato a 14 anni e 9 mesi Mario Roggero, il gioielliere di Grinzane Cavour che nel 2021 uccise Giuseppe Mazzarino e Andrea Spinelli, rapinatori in fuga dopo l’assalto al suo negozio, ferendo anche il terzo membro della banda, Alessandro Modica. La pena è stata ridotta rispetto ai 17 anni inflitti in primo grado, ma per l’imputato resta un verdetto inaccettabile.

All’uscita dall’aula, Roggero, oggi settantunenne, non trattiene l’amarezza. Le sue parole pesano come macigni, perché lette dopo un processo già durissimo. «I giudici non hanno avuto coraggio», ha detto riferendosi a quella assoluzione che sperava arrivasse dopo quattro anni trascorsi a ripetere di aver sparato per paura. E non risparmia nemmeno i parenti dei due giovani uccisi: «Le vere vittime siamo noi e nessuno dei loro familiari ha detto scusate per cosa è successo, per avere un figlio degenere». Una frase che, ancora prima di raggiungere le agenzie, provoca un boato di reazioni.

Nell’aula d’Appello è comparso anche un piccolo gruppo di amici e sostenitori. Un sostegno che, dice il gioielliere, lo ha colpito: «L'affetto in cui speravo è arrivato, ho visto miei ex compagni di scuola che non mi aspettavo di vedere, tanti lavoratori tosti sono venuti perdendo un giorno di lavoro». Un clima di vicinanza che ha trovato eco anche nella politica: secondo fonti della Lega, Matteo Salvini gli ha inviato un messaggio di “solidarietà a nome di tutto il partito”.

Il caso risale al 28 aprile 2021, quando i tre rapinatori fecero irruzione nella gioielleria immobilizzando la moglie e la figlia di Roggero, che si trovavano alle casse. Mazzarino era armato di coltello e Spinelli portava una pistola ad aria compressa, un modello da softair che, secondo i carabinieri, risultava indistinguibile a prima vista da una vera Glock. Le telecamere del negozio ripresero tutta la scena, inclusa la fuga dei malviventi, l’uscita del gioielliere dal retro e i colpi sparati contro l’auto dei rapinatori.

La ricostruzione è nota: i due fuggitivi vennero inseguiti e raggiunti. Spinelli, prima di morire, riuscì a trascinarsi fino in strada, dove venne colpito anche con alcuni calci in faccia. Ferito alla gamba da un proiettile, Modica tentò la fuga in auto, ma venne trovato poche ore dopo e arrestato. In seguito patteggiò quattro anni e dieci mesi.

Durante il primo processo, Roggero aveva spiegato di aver creduto che i rapinatori avessero rapito la moglie. Una versione ribadita oggi, con un ulteriore dettaglio: «Tanto Spinelli quanto Mazzarino hanno perso la mascherina e mostrato i loro volti. Li avevamo visti in faccia e questo ci ha spaventati tremendamente. Leggevo nei loro volti una profonda collera oltre alla consapevolezza, a quel punto, di poter essere successivamente identificati e riconosciuti».

Una paura, sostiene, che avrebbe innescato la reazione armata. Per i giudici, invece, si è trattato di un eccesso gravissimo e non giustificabile, soprattutto nel momento dell’inseguimento e dei colpi inferti quando i malviventi stavano già scappando.

La sentenza d’Appello chiude solo un altro capitolo di una vicenda destinata a rimanere al centro del dibattito pubblico. La difesa del commerciante annuncia il ricorso. La politica si schiera. Le famiglie dei giovani uccisi attendono giustizia. E una comunità continua a interrogarsi su dove finisca la legittima difesa e dove inizi quel confine sottile che porta un uomo a trasformarsi in imputato per omicidio.

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