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03 Dicembre 2025 - 16:15
Per mesi, secondo gli investigatori, un flusso di denaro irregolare avrebbe attraversato il Casinò di Saint-Vincent con grande disinvoltura, convertito in fiches, trasformato in vincite simulate, ripulito e rimandato indietro nelle casse delle società coinvolte come se nulla fosse. Un meccanismo definito “complesso” dalla Guardia di Finanza di Aosta, coordinata dal pm Francesco Pizzato, che ha portato a 33 indagati tra imprenditori, prestanome e funzionari del celebre salone da gioco valdostano.
Il cuore dell’inchiesta ruota attorno a tre società: Metalfer srl, Italfibre srl e Rigenera Italia srl. Secondo l’accusa, tra il 2023 e il 2024 Metalfer e Italfibre avrebbero emesso fatture false per oltre 3 milioni di euro a favore di Rigenera, ottenendo un’indebita detrazione dell’Iva. Una volta incassati gli importi fittizi, Rigenera – stando alla ricostruzione della Procura – avrebbe trasferito parte del denaro sui conti personali di Massimo Martini, 49 anni, residente ad Alba. Ed è qui che entra in scena il Casinò.
Il ruolo di Martini, per gli inquirenti, sarebbe stato quello di riciclare le somme portandole a Saint-Vincent e movimentandole attraverso operazioni che violerebbero le più basilari norme antiriciclaggio. A facilitargli l’ingresso e la conversione in fiches sarebbero stati due funzionari della casa da gioco: Cristiano Sblendorio, direttore dell’ufficio marketing, e Augusto Chasseur Vaser, responsabile dell’ufficio cambi e fidi.
Secondo l’accusa, i due avrebbero convertito ingenti somme in contanti in gettoni da gioco senza effettuare i controlli obbligatori, ricevendo in cambio un compenso. I soldi sarebbero stati trasformati in fiches, poi “giocati” in modo da simulare vincite e infine restituiti da parte del Casinò tramite bonifici ufficiali, ottenendo così un’apparenza lecita. A quel punto il denaro ripulito sarebbe rientrato nelle aziende attraverso ulteriori fatturazioni, consentendo liquidità immediata e un risparmio fiscale.

L’inchiesta delinea anche un secondo livello, fatto di favoritismi, privilegi e tentativi di influenzare le decisioni interne del Casinò. A Sblendorio viene contestato anche l’aver garantito a Martini i benefit riservati ai clienti “Vip 5”, la categoria più elevata: soggiorni gratuiti al Grand Hotel Billia, accesso libero ai tavoli, possibilità di muovere grandi quantità di fiches senza alcuna segnalazione. Un trattamento di favore che avrebbe reso ancora più semplice monetizzare i gettoni forniti da Chasseur Vaser, attraverso vere o presunte giocate.
C’è di più. Sempre secondo gli atti, Sblendorio avrebbe tentato – senza riuscirci – di convincere l’amministratore delegato del Casinò a non sospendere l’accesso a Martini, arrivando persino a minacciare dimissioni nel caso la direzione non avesse accolto la richiesta. Una pressione che gli investigatori considerano un tassello ulteriore della rete di protezione che avrebbe permesso all’intero sistema di andare avanti per mesi.
Il quadro accusatorio è pesante. I reati contestati, a vario titolo, includono dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false, riciclaggio, corruzione e associazione per delinquere. Una lista che restituisce la gravità dell’impianto investigativo e l’estensione del presunto sistema illecito.
L’indagine, ancora in corso, apre uno squarcio inquietante su come una parte dell’economia sommersa possa infiltrarsi nei meccanismi di un grande casinò, sfruttandone la struttura per far circolare denaro che altrimenti rimarrebbe nel circuito criminale. Le prossime settimane saranno decisive per chiarire eventuali responsabilità individuali e verificare quanto questo sistema fosse consolidato, diffuso e strutturato.
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