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Cronaca

Arrestato a Torino il segretario dei Radicali, Filippo Blengino: spacciava in piazza Foroni

Fermato in piazza Foroni mentre offriva Cbd: i Radicali parlano di disobbedienza civile al Decreto sicurezza

Arrestato a Torino il segretario dei Radicali, Filippo Blengino: spacciava in piazza Foroni

Arrestato a Torino il segretario dei Radicali, Filippo Blengino: spacciava in piazza Foroni

La scena, in piazza Foroni, era costruita per sfidare apertamente il nuovo Decreto sicurezza e per spostare il confronto politico su un terreno giudiziario. Un tavolino, buste di cannabis Cbd, un bilancino e qualche banconota nello zaino. È qui che, nella tarda mattinata di oggi, la Polizia ha arrestato Filippo Blengino, segretario nazionale dei Radicali Italiani, fermato mentre cedeva piccole quantità della sostanza ai passanti nell’ambito di un’azione che il suo partito rivendica come disobbedienza civile.

Secondo quanto ricostruito dai Radicali, Blengino aveva esposto “circa mezzo chilo di cannabis Cbd” e stava distribuendo le infiorescenze come gesto dimostrativo contro il giro di vite imposto dal Decreto sicurezza, che equipara il Cbd alle sostanze stupefacenti tradizionali. L’arresto è arrivato dopo pochi minuti. Gli agenti hanno sequestrato il materiale, trovato i contanti derivanti dalle cessioni e acquisito il bilancino riportato nella nota diffusa dal movimento. Il fermo è avvenuto davanti ai residenti e ai frequentatori del mercato rionale, scelto non a caso per amplificare la portata politica della protesta.

I Radicali confermano la finalità dell’iniziativa e non fanno nulla per smussare la provocazione: “Portava avanti un’azione di disobbedienza civile”, spiegano, rivendicando la costruzione di un “tavolo di spaccio” come scelta simbolica e non come attività criminale. Nel comunicato diffuso subito dopo l’arresto, il partito sostiene che la cessione del Cbd rappresenti un atto politico deliberato, mirato a ottenere un processo e a portare l’articolo 18 del Decreto sicurezza davanti alla Corte costituzionale. Una linea che Blengino ha già esplicitato pubblicamente nelle scorse settimane, spiegando che “la vendita di cannabis light, oggi ideologicamente equiparata dal Governo a qualsiasi stupefacente, deve poter essere contestata nelle aule di giustizia”.

Immagine di repertorio

La Procura contesterebbe lo spaccio, un reato che, in teoria, può comportare pene anche molto severe. Gli stessi Radicali parlano di un rischio “fino a vent’anni di carcere”, una formula che ricalca la cornice edittale massima prevista per le ipotesi più gravi della disciplina sugli stupefacenti, pur senza alcun elemento per configurare una condotta di quel livello. Resta comunque un fatto: Blengino non è un parlamentare, non ha immunità, non dispone di alcun filtro istituzionale che obblighi la magistratura a chiedere autorizzazioni. Sarà trattato come qualunque altro imputato.

Esiste però un precedente che pesa politicamente — non giuridicamente — sulla percezione di questo arresto. Solo poche settimane fa, la Procura di Roma ha archiviato un’indagine avviata dopo un’altra iniziativa del segretario radicale: l’apertura di un negozio di cannabis light come sfida esplicita al Decreto sicurezza. In quel caso, il magistrato ha ritenuto che non vi fossero gli estremi del reato di spaccio, anche alla luce del “significato politico” attribuito alla condotta. Una motivazione definita “surreale” dallo stesso Blengino, che ha accusato l’ordinamento di piegarsi in modo ambiguo al peso della politica: “Come se dichiarare politico un comportamento fosse una scriminante”, aveva commentato.

Quell’archiviazione non costituisce però alcuna protezione per gli atti successivi. Non crea immunità, non vincola altre procure, non impone interpretazioni univoche. Ogni iniziativa del genere, soprattutto se organizzata con quantità di sostanza significative come nel caso di piazza Foroni, resta oggetto di valutazione autonoma da parte dell’autorità giudiziaria competente. È chiaro però che Blengino e i Radicali puntano proprio su questo: forzare il sistema, creare casi giudiziari, generare un contenzioso che costringa le procure, e poi eventualmente i tribunali, a misurarsi con la definizione normativa di Cbd e con la scelta politica del Governo di equipararlo alle droghe.

Da tempo Blengino, classe 1996, cuneese, ha trasformato la disobbedienza civile in uno strumento di battaglia pubblica sulla normativa sugli stupefacenti. Negli ultimi mesi ha violato deliberatamente le regole sulla guida sotto l’effetto di cannabis, si è autodenunciato, ha contestato il Codice della strada e ha organizzato iniziative di esposizione diretta della sostanza. Azioni studiate per generare procedimenti giudiziari, nella convinzione — dichiarata — che solo un processo possa aprire un varco verso la Corte costituzionale.

Il caso di oggi, però, ha un profilo più alto. L’arresto pubblico, la quantità di sostanza esposta, il denaro sequestrato e la presenza di un bilancino modificano il quadro rispetto alle precedenti iniziative. La Procura di Torino dovrà valutare la sussistenza del reato di spaccio e la possibile applicazione di misure cautelari. I Radicali promettono battaglia e parlano già di “azione necessaria per smascherare la repressione contro una sostanza non drogante”. Il Governo tacitamente considera il Cbd parte dell’impianto securitario, le opposizioni si dividono, l’opinione pubblica si spacca.

Di certo la piazza di Aurora e Barriera, oggi, ha assistito a una scena che difficilmente passerà inosservata: un segretario nazionale seduto a un tavolino con mezzo chilo di cannabis, distribuito deliberatamente per sfidare una legge appena approvata. Un gesto destinato a riaccendere un dibattito che, al di là dell’esito giudiziario, si giocherà soprattutto sul terreno politico e culturale, dove il confine tra protesta, provocazione e illecito resta sempre più sottile.

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