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Cronaca
01 Dicembre 2025 - 16:30
Un patteggiamento chiude il "caso del fricassé" a Baldissero. Riaperto il dibattito sulla gestione dei fondi pubblici (immagine di repertorio)
La storia del fricassé di Baldissero Torinese, piatto tipico trasformato negli ultimi anni in marchio identitario del piccolo comune della collina torinese, si chiude nelle aule di tribunale con il patteggiamento del giornalista Luca Ferrua. Undici mesi convertiti in una multa da cinquemila euro: è questo l’accordo raggiunto davanti al giudice, un epilogo che completa il quadro di un’inchiesta che aveva attirato riflettori e polemiche sin dalla sua apertura, nel 2024, quando Ferrua decise di dimettersi dalla guida del portale enogastronomico Il Gusto, testata del gruppo Gedi estranea ai fatti contestati.
L’indagine coordinata dalla Procura di Torino aveva messo sotto la lente il sistema con cui fu organizzata la campagna di promozione turistica del fricassé, finanziata con 48 mila euro di fondi pubblici e affidata a una società collegata al giornalista. Gli inquirenti avevano ipotizzato inizialmente la corruzione, poi caduta al termine delle verifiche, sostituita dalle accuse di concorso in truffa e turbativa d’asta. In sostanza, secondo l’impianto accusatorio, gli indagati avrebbero pilotato l’affidamento dell’incarico promozionale, producendo un vantaggio indebito a favore della società incaricata.
La difesa di Ferrua, affidata all’avvocato Luigi Chiappero, ha insistito sulla natura borderline della vicenda, parlando di una condotta «al confine fra reato e violazione amministrativa». Un confine che per il giudice è comunque rientrato nell’alveo penale, seppur con una pena contenuta e convertita in sanzione pecuniaria. Chiappero ha rivendicato anche la restituzione integrale della somma contestata e il fatto che l’evento di promozione fosse stato «pagato di tasca nostra» e avesse avuto, di fatto, un riscontro positivo sul territorio.
Il patteggiamento di Ferrua arriva insieme a quelli degli altri indagati: funzionari di Visit Piemonte, società in house della Regione, e un ex consigliere comunale di Baldissero, tutti destinatari di pene pecuniarie di entità diversa. Un solo imputato ha scelto la strada della messa alla prova. Il quadro complessivo, dunque, si chiude senza processi ordinari, ma con la conferma di un sistema di relazioni e procedure che ha lasciato aperte più di una domanda sulla gestione delle risorse pubbliche destinate alla promozione locale.
Il caso del fricassé, nato come operazione per valorizzare una tradizione gastronomica attraverso una campagna a forte impatto mediatico, mostra quanto sia sottile il limite tra marketing territoriale e responsabilità amministrative e penali. La vicenda giudiziaria ha richiamato l’attenzione sul funzionamento dei bandi, sulla trasparenza degli affidamenti e sul ruolo delle società partecipate in materia di promozione turistica. È un terreno dove l’interesse pubblico e quello privato possono sovrapporsi, e in cui la mancanza di procedure rigorose rischia di generare distorsioni difficili da sanare.
Nel contesto più ampio, la chiusura tramite patteggiamento segna un punto fermo ma non cancella le ombre. Da un lato, l’inchiesta ha escluso la corruzione e ha ridimensionato la portata delle condotte contestate. Dall’altro, ha messo in luce un sistema in cui il ricorso a fondi pubblici per la promozione può diventare terreno scivoloso, specie quando a gestire la comunicazione sono soggetti legati da rapporti professionali o personali con gli enti coinvolti.
La vicenda del fricassé non è solo un caso giudiziario, ma un promemoria su come la narrazione enogastronomica, diventata negli ultimi anni uno degli strumenti più efficaci di racconto del territorio, richieda rigore, trasparenza e controllo. Per garantire che la promozione culturale e turistica — uno dei pochi comparti in crescita per i piccoli comuni — non venga compromessa da vicende che nulla hanno a che vedere con il valore reale dei prodotti e delle tradizioni locali.
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