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Lutto

È mancato Gian Mario Rossignolo: manager d’acciaio, pilastro della Fiat e Lancia

Da Vignale Monferrato agli Agnelli, passando per Telecom e Zanussi: una carriera piena di ascese rapide, battaglie industriali, successi e crolli. Aveva 95 anni.

È mancato Gian Mario Rossignolo

È mancato Gian Mario Rossignolo: manager d’acciaio, pilastro della Fiat e Lancia

Si è spento a 95 anni Gian Mario Rossignolo, cavaliere del lavoro, manager di forte temperamento e figura controversa dell’industria italiana del secondo ‘900. Nato il 1º ottobre 1930 a Vignale Monferrato (Alessandria) e laureato in Economia e Commercio all’Università di Torino, Rossignolo ha intrecciato la sua vicenda personale con alcuni dei passaggi più significativi del made in Italy: dall’epoca d’oro della Fiat S.p.A., al rilancio della Lancia S.p.A., fino alla presidenza della Zanussi S.p.A., la guida all’inizio della privatizzazione della Telecom Italia S.p.A. e infine l’acquisto del marchio De Tomaso, approdo controverso che ha segnato un capitolo buio della sua storia professionale.

La carriera ufficiale comincia in Fiat, dove entra nei tardi anni cinquanta come responsabile marketing per la Divisione commerciale autoveicoli. Nel 1967 assume la direzione della divisione, e nel 1969 diventa responsabile della pianificazione aziendale. Nel 1977 viene nominato amministratore delegato e direttore generale della Lancia, allora parte del gruppo Fiat. In questi anni Rossignolo portava una visione: riteneva che il futuro dell’auto in Europa fosse incerto, una tesi che lo mise in conflitto con la leadership del Lingotto, in particolare con Carlo De Benedetti. Nel 1979, dopo divergenze con Cesare Romiti e Vittorio Ghidella, lascia la Lancia.

Si trasferisce così fuori dal mondo Fiat e assume incarichi di prestigio: nel gruppo svedese controllato da Knut Wallenberg, entra nel mondo dell’elettromeccanica e dell’industria diversificata e diventa presidente del consiglio di amministrazione della Zanussi fino al 2002. Nel 1998 guida Telecom Italia in una fase delicata della privatizzazione, ma l’incarico dura pochi mesi. Negli anni successivi fonda e conduce aziende proprie – prima Industrie S.p.A., Idea S.p.A., ACC – e nel 2009 acquisisce il marchio De Tomaso, rilevandolo con la sua Innovation in Auto Industry S.p.A.

La vicenda De Tomaso, però, segna il declino. I finanziamenti pubblici, i corsi di formazione promessi e mai avviati, le fideiussioni fasulle, hanno portato a indagini della Procura di Torino, arresti, fallimento e condanne. Nel febbraio 2019 Rossignolo è condannato dal Tribunale di Torino a 5 anni e 6 mesi per bancarotta fraudolenta, malversazione e truffa allo Stato. La sentenza in appello del giugno 2021 conferma la responsabilità riducendo la pena a 3 anni e 6 mesi, grazie alla prescrizione di parte dei reati.

Nonostante il declino imprenditoriale, Rossignolo era stato insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro nel 1991, riconoscimento che segnava il suo ruolo nazionale: un manager che spaziava dall’auto all’elettronica, dal marketing all’alta finanza industriale.

La morte di Rossignolo chiude un’era. In molti ricordano un uomo tutto d’un pezzo, spesso scomodo, che non ha mai rinunciato a dire quello che pensava, anche se a prezzo di rotture e uscite di scena. Lascia il segno un profilo che incarna la trasformazione dell’industria italiana: dagli anni della crescita ai tempi della globalizzazione, dai sogni dell’ingegneria torinese al tormento del fallimento.

In un’Italia che raramente risparmia i suoi protagonisti, Rossignolo è stato manager di punta, imprenditore visionario, condannato e controverso. Il suo nome resta nella memoria industriale del nostro Paese, insieme a tutti gli interrogativi che la sua vicenda lascia aperti.

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