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Cronaca
04 Novembre 2025 - 19:43
Ha un nome e un volto l’uomo che la notte tra il 22 e il 23 ottobre ha ucciso a Collegno l’imprenditore Marco Veronese, 39 anni, colpendolo con almeno dieci coltellate in strada. Il presunto assassino è Michele Nicastri, 49 anni, ingegnere informatico residente a Torino, nel quartiere Parella. L’uomo, legato sentimentalmente all’ex compagna della vittima, ha confessato l’omicidio davanti agli inquirenti, dopo giorni di indagini serrate condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Torino e della Compagnia di Rivoli, coordinate dal sostituto procuratore Mario Bendoni.
Secondo quanto emerso, all’origine del delitto ci sarebbero stati aspri contrasti familiari tra Veronese e l’ex compagna riguardo all’affidamento dei tre figli. L’imprenditore, separato da tempo, aveva chiesto di poterli vedere più spesso. Una richiesta che avrebbe alimentato tensioni, fino a sfociare nella tragedia. Nicastri, che fino a quella notte non avrebbe mai incontrato Veronese di persona, ha spiegato agli inquirenti di essersi presentato per «parlare» della vicenda familiare e di averlo colpito senza premeditazione.
L’omicidio è avvenuto poco dopo l’una e mezza, all’angolo tra via Sabotino e corso Francia, a pochi metri dall’abitazione dei genitori di Veronese, dove l’uomo si era trasferito dopo la separazione. Una figura incappucciata lo ha aggredito con ferocia, colpendolo più volte fino a lasciarlo senza vita sull’asfalto. È morta lì, davanti a casa, la vita di un padre che stava tentando di ricostruirsi.
A dare l’allarme è stata una testimone, che ha assistito alla scena dal proprio balcone. «Ho visto un uomo con il cappuccio che inseguiva un altro – ha raccontato ai carabinieri –. Quello scappava, urlava, poi è stato raggiunto e colpito più volte. È caduto e l’altro ha continuato a infierire. Non ha detto una parola, mi ha colpito la sua freddezza.» Tutto è durato poco più di un minuto, poi l’aggressore si è dileguato correndo verso corso Francia, scomparendo nel buio.
Sul posto non era rimasta l’arma del delitto. I sanitari, intervenuti invano per soccorrere Veronese, avevano trovato solo un coltellino tascabile, probabilmente appartenente alla vittima, caduto durante la colluttazione.
L’indagine è partita subito. Gli investigatori hanno passato al setaccio la vita dell’imprenditore, titolare della M&M Service, azienda specializzata in impianti di antifurto e videosorveglianza, molti dei quali installati proprio nelle vie del delitto. Decisive si sono rivelate le immagini delle telecamere pubbliche e private: centinaia di video analizzati uno a uno per seguire gli spostamenti dell’assassino prima e dopo l’agguato. L’incrocio con i tabulati telefonici e le celle ha poi permesso di collocare il cellulare di Nicastri nella zona del delitto esattamente all’ora dell’aggressione.

Indizi sempre più precisi hanno condotto gli investigatori fino a strada del Lionetto, nel quartiere Parella di Torino, dove Nicastri viveva da solo in un alloggio al secondo piano. Ieri pomeriggio i carabinieri lo hanno fermato e condotto in caserma, dopo una lunga perquisizione del suo appartamento.
Durante l’interrogatorio, l’uomo ha ammesso di aver colpito Veronese, ma ha insistito nel negare qualsiasi intenzione omicida, sostenendo di aver perso il controllo dopo una discussione. L’arma del delitto non è stata ancora ritrovata: l’ingegnere avrebbe riferito di essersene liberato subito dopo l’aggressione.
I vicini lo descrivono come una persona tranquilla, riservata, sportiva. Salutava sempre, usciva spesso in bici per allenarsi: Nicastri è appassionato di triathlon, una passione che coltivava da anni, ereditata dai genitori. Nessuno, raccontano, avrebbe potuto immaginare che dietro quella calma apparente si nascondesse un uomo capace di un simile gesto.
Difeso dall’avvocata Chiara Gatto, Nicastri resta ora sotto interrogatorio, mentre le indagini proseguono per chiarire ogni dettaglio del delitto: dalle motivazioni reali alla dinamica precisa, fino alla ricostruzione degli ultimi minuti di vita di Marco Veronese.
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