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Tredici mesi nelle camere mortuarie, sepolta senza un nome: mistero sulla donna di 45 anni morta a Chivasso. Chi è?

Il Comune ha speso quasi 20mila euro per la permanenza della salma. La Procura di Ivrea invita chiunque la riconoscesse a farsi avanti. Ecco le foto

Tredici mesi nelle camere mortuarie, sepolta senza un nome: mistero sulla donna di 45 anni morta a Chivasso. Chi è?

Tredici mesi nelle camere mortuarie, sepolta senza un nome: mistero sulla donna di 45 anni morta a Chivasso. Chi è?

Un corpo senza nome, una vicenda che somiglia più a un romanzo nero che a una pratica amministrativa. E invece è tutto reale. Il 12 luglio 2024 una donna senza fissa dimora è stata ricoverata al pronto soccorso dell’ospedale di Chivasso, in codice giallo. Al triage ha dichiarato di chiamarsi Valle Evelina, classe 1979, ma quelle generalità si sono rivelate false. Dopo pochi giorni le sue condizioni sono precipitate e la paziente è morta. Da allora è iniziato un lungo percorso fatto di accertamenti, verifiche dattiloscopiche e controlli incrociati con le banche dati nazionali, senza che le autorità riuscissero a ricostruirne la vera identità.

Il suo corpo è rimasto per tredici mesi nelle celle frigorifere delle camere mortuarie del nosocomio chivassese. Un’attesa che è costata al Comune quasi ventimila euro. Solo il 26 agosto scorso gli uffici comunali hanno disposto il funerale, con la determina numero 642 che parla freddamente di “salma in stato di abbandono con oneri a carico dell’ente”. La tumulazione è avvenuta nel cimitero di via Favorita, sotto una targhetta dorata che riporta la dicitura “Persona sconosciuta, sesso femminile?”. Nessun nome, nessuna data certa di nascita o di morte. Solo il vuoto.

Le indagini dei Carabinieri di Chivasso, coordinate dal Capitano Urbano Marrese, hanno cercato in ogni modo di ricostruire il passato della donna. È emerso un percorso erratico, segnato da controlli di polizia in diverse città italiane: Mondovì, Susa, Vercelli, Milano, Bologna, Taranto. Ogni volta una nuova identità. Giovanna, Margherita, Elena, Valeria, Susanna, Manuela. Luoghi di nascita sempre differenti: ora Italia, ora Francia, ora Svizzera. Date di nascita variabili tra il 1978 e il 1981, con una ricorrenza particolare: l’aprile del 1979. Nessuna certezza, solo frammenti di vite inventate.

Quando entrò all’ospedale di Chivasso, quella donna era in condizioni cliniche e igieniche molto compromesse. Dopo essersi allontanata spontaneamente dalla struttura, venne ricondotta per accertamenti: i medici rilevarono un quadro gravissimo, con un versamento pleurico e un fegato ingrossato per la probabile presenza di metastasi. Un destino segnato che si compì poche settimane più tardi, con la morte e l’apertura di un giallo che, a oggi, resta irrisolto.

Il Comune ha dovuto farsi carico delle spese funebri. La ditta incaricata è la Varetto, che ha provveduto alla sepoltura. Ma la storia non finisce qui. Perché dietro a quella tomba anonima resta una domanda che brucia: chi era davvero questa donna?

Le autorità giudiziarie e i Carabinieri hanno diffuso le fotografie scattate durante il ricovero, chiedendo la massima collaborazione della cittadinanza. “Qualcuno può riconoscerla?” è l’appello che arriva dal Tribunale di Ivrea e dalla Compagnia di Chivasso. Un nome e un cognome potrebbero restituire dignità a una vita vissuta ai margini, fatta di fughe, bugie e probabilmente dolore. Una vita che ora rischia di restare sepolta per sempre nell’anonimato.

Chiunque abbia informazioni utili è invitato a contattare i Carabinieri di Chivasso. Perché, oltre la burocrazia e oltre i referti medici, resta il dovere umano di dare un’identità a chi non ce l’ha più.

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