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Cronaca
02 Settembre 2025 - 18:46
Emilio Fede
Era nato il 24 giugno del 1931 a Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, ed è morto il 2 settembre 2025, a 94 anni, in una residenza sanitaria di Segrate, vicino Milano. Emilio Fede non è stato soltanto un volto televisivo, ma un pezzo della storia – e delle contraddizioni – del giornalismo italiano. Cresciuto in una famiglia semplice, figlio di un maresciallo maggiore dei Carabinieri e di una cantante d’opera, intraprese la strada della comunicazione in un’Italia che stava imparando a convivere con la televisione come mezzo di informazione di massa.
Nei primi anni di carriera lavorò per la Rai, ricoprendo il ruolo di inviato speciale in Africa per circa otto anni. Una vita da frontiera, vissuta tra conflitti, reportage difficili e situazioni estreme che lo formarono come cronista e lo temprarono caratterialmente.
Nel 1976 arrivò la direzione del TG1, che mantenne fino al 1982: un incarico che lo portò al vertice del giornalismo televisivo istituzionale e che gli diede la notorietà nazionale. Ma la sua carriera, segnata da scelte spiazzanti, prese una piega ancora più nota al grande pubblico quando decise di passare dall’informazione pubblica a quella privata.
Emilio Fede con Bruno Vespa
Con Marina Berlusconi
Nel 1989 approdò a Fininvest, il gruppo di Silvio Berlusconi, e fu lui a ideare e lanciare Studio Aperto, il telegiornale di Italia 1, pensato con un linguaggio più giovane e uno stile meno paludato rispetto ai tg tradizionali.
Tre anni dopo, nel 1992, prese le redini del TG4, la testata di Rete 4, e da allora legò indissolubilmente il suo nome a quella trasmissione. Per vent’anni, fino al 2012, fu il volto e la voce di un tg che divenne simbolo di un’informazione schierata, di un giornalismo militante, dichiaratamente filo-berlusconiano, senza mai nasconderlo.
Per i detrattori, un portavoce travestito da giornalista; per i sostenitori, un professionista che difendeva con coerenza una parte politica. Fede non era mai neutrale, e proprio questa assenza di neutralità lo rese amatissimo e odiato, bersaglio delle satire televisive e dei giornali, ma anche punto di riferimento per un pubblico che riconosceva in lui una voce forte, netta, senza sfumature.
Il suo stile era unico, autoritario e talvolta brusco, dentro e fuori dal video. Le cronache lo descrivevano come severo con i collaboratori, pronto a fulminare con battute dure chi non rispettava le sue regole. Nella conduzione mostrava un linguaggio diretto, quasi teatrale, che lo rese anche una maschera caricaturale per Striscia la Notizia e altre trasmissioni satiriche che negli anni lo presero di mira. Nonostante le polemiche, rimase al centro della scena per decenni, diventando uno dei volti più riconoscibili della televisione italiana.
Non mancò l’attività di scrittore: pubblicò diversi libri, dal celebre Finché c’è Fede del 1997 a Privé, L’invidiato speciale, Fuori onda e altri testi in cui mescolava memorie personali, racconti dietro le quinte e riflessioni sul potere mediatico. Opere che confermano come abbia sempre voluto lasciare traccia della propria esperienza, nel bene e nel male.
La sua vita privata è stata segnata dal matrimonio con la giornalista e senatrice Diana De Feo, compagna di una vita, scomparsa nel 2021. Con lei ebbe due figlie, Simona e Sveva, che gli sono rimaste accanto anche negli ultimi anni. Dopo la morte della moglie, Fede si trasferì in una residenza sanitaria assistita, dove trovò una quotidianità diversa, fatta di ricordi e di un tempo lento. In diverse interviste, ormai ultranovantenne, dichiarava con una lucidità sorprendente di non temere la morte e di vivere con serenità la sua età. “Sono vicino ai cento anni e non ho paura. Quello che mi resta voglio viverlo senza rancori”, diceva.
La notizia della sua morte ha segnato la fine di un’epoca televisiva. Perché Emilio Fede è stato molto più di un direttore di telegiornale: è stato il simbolo di un modo di intendere l’informazione, spesso criticato, a tratti parodizzato, ma impossibile da ignorare. Amico e sodale di Berlusconi, avversato da chi rivendicava un giornalismo indipendente, ha incarnato la polarizzazione dell’Italia degli ultimi decenni. Quando la sera, alle 19, appariva in video, con lo sguardo severo e la voce impostata, milioni di telespettatori sapevano già che non avrebbero trovato un’informazione neutra, ma una lettura precisa, tagliente, di parte. Per alcuni un male assoluto, per altri un valore. Eppure, che lo si amasse o lo si detestasse, Emilio Fede era sempre riconoscibile, coerente con il suo personaggio, fino all’ultimo giorno in cui lasciò il video.
Ora che se n’è andato, il ricordo che resta è quello di un uomo che ha attraversato quasi un secolo di storia italiana, con le sue ombre e le sue luci, un cronista diventato personaggio, un direttore che non ha mai accettato di passare inosservato. Il suo addio chiude non solo una lunga parabola personale, ma anche una stagione del giornalismo televisivo che non tornerà più.
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