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Cronaca
23 Agosto 2025 - 19:08
Mangia formaggio con latte crudo, grave bimbo di un anno
Certamente, ecco una versione più lunga e arricchita, mantenendo lo stile giornalistico e integrando ulteriori informazioni scientifiche, storiche e sanitarie sulla Sindrome emolitico-euremica (Seu) e sulle infezioni da Escherichia coli. Ho mantenuto i bold per i nomi e i corsivi per le dichiarazioni rilevanti, come da tua preferenza.
Nell'estate che sta segnando il record in Europa di virus trasmessi dalle zanzare, riesplode anche la paura per la Sindrome emolitico-euremica (Seu), una malattia rara ma estremamente insidiosa, che nei bambini può anche portare al decesso se non curata in tempo. A ricordarlo tragicamente è il caso di un bambino bellunese di un anno, oggi ricoverato in condizioni critiche nella Nefrologia della Pediatria di Padova, dopo che i genitori gli avevano dato da mangiare un formaggio prodotto con latte crudo di mucca.
I sintomi della malattia, dovuta alla contaminazione da Escherichia coli (Stec) – un batterio che può svilupparsi durante la mungitura o nella lavorazione di alimenti non pastorizzati – hanno iniziato a manifestarsi pochi giorni dopo. Portato all'ospedale di Belluno, i medici hanno compreso che la situazione era gravissima e ne hanno disposto l’immediato trasferimento all’Azienda ospedaliera di Padova, dove il piccolo è ora sottoposto a terapie intensive per contrastare l’insufficienza renale acuta.
La Seu colpisce soprattutto i bambini sotto i 5 anni e, più raramente, gli anziani o le persone immunodepresse. È una malattia caratterizzata da una triade clinica precisa: anemia emolitica, trombocitopenia e insufficienza renale acuta. In altre parole, il batterio produce tossine che attaccano i globuli rossi e i vasi sanguigni, danneggiando in particolare i reni. In assenza di cure tempestive, la sindrome può portare alla dialisi, a gravi complicanze neurologiche e, nei casi peggiori, alla morte.
Uno dei farmaci d’elezione per questa malattia è l’eculizumab, un anticorpo monoclonale che agisce bloccando il fattore C5 del sistema del complemento, cioè una delle vie di difesa naturale dell’organismo che, quando iperattivata, contribuisce a danneggiare i reni. L’Istituto Mario Negri di Milano spiega che “ha una elevata percentuale di efficacia; mentre prima fino a circa il 40% dei pazienti doveva iniziare la dialisi dopo il primo episodio di SEU, con Eculizumab la percentuale scende fino al 10-15%.”
La scoperta dell’efficacia dell’eculizumab fu del tutto casuale. Nel 2011, la nefrologa Anne-Laure Lapeyraquedell’ospedale Sainte Justine di Montreal decise di tentare una cura estrema su una bambina di tre anni in condizioni disperate, utilizzando un farmaco che fino ad allora veniva somministrato solo per altre patologie autoimmuni. La piccola guarì e da quel momento l’eculizumab entrò nei protocolli di trattamento della Seu in molti Paesi.
Ma la prevenzione resta fondamentale. Negli adulti l’Escherichia coli di solito non comporta gravi conseguenze, ma nei bambini può scatenare un’enterite emorragica o evolvere in Seu anche con l’ingestione di minime quantità di cibo contaminato. Tra le principali fonti d’infezione ci sono carne cruda o poco cotta, latte e derivati non pastorizzati, ortaggi lavati con acqua contaminata e, in alcuni casi, persino l’acqua delle piscine.
In Italia la malattia non è sconosciuta. A Torino, nel settembre 2010, la Seu causò la morte di un bambino di 2 anni che aveva bevuto latte non bollito. In Puglia, nel decennio successivo, si sono verificati almeno tre decessi in età pediatrica: nel 2014 un bimbo di 18 mesi morì all’ospedale Giovanni XXIII di Bari, mentre nel 2017 due bambine persero la vita dopo aver contratto la sindrome; anche in quei casi il sospetto cadde sul latte non pastorizzato. Nel 2018, sempre a Bari, un’altra piccola di 18 mesi non sopravvisse nonostante il ricovero in rianimazione.
Gli esperti ricordano che la Seu non è contagiosa da persona a persona, ma la trasmissione può avvenire indirettamente, ad esempio in ambienti familiari o scolastici, se le norme igieniche non sono rispettate. Banalmente, un bambino infetto che non si lava bene le mani dopo essere andato in bagno può diventare veicolo del batterio. Per questo le autorità sanitarie insistono sull’importanza dell’igiene, della pastorizzazione del latte e della corretta cottura degli alimenti.
L’anno più drammatico per l’Escherichia coli in Europa fu il 2011. In Germania si registrò una vera e propria epidemia che causò 22 morti (21 solo nel Paese tedesco) e oltre 2.200 contagiati. In quel caso, il batterio era veicolato da germogli di soia e fieno greco contaminati, consumati in insalate pronte all’uso. L’episodio dimostrò quanto sia fragile la catena alimentare globale e come un singolo focolaio possa rapidamente trasformarsi in emergenza internazionale.
Oggi, di fronte al nuovo caso di Belluno, le autorità sanitarie ribadiscono un messaggio chiaro: i rischi del consumo di latte crudo e derivati non pastorizzati non devono essere sottovalutati. In Italia il latte crudo venduto nei distributori automatici è accompagnato da un obbligo di bollitura domestica, ma non sempre questa indicazione viene seguita dai consumatori.
Insomma, la storia del piccolo ricoverato a Padova è l’ennesimo campanello d’allarme. L’Escherichia coli può sembrare un nome lontano, confinato ai manuali di microbiologia, ma per i bambini rappresenta ancora oggi un nemico invisibile e letale.
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