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Cronaca

Monte Rosa: due alpinisti al gelo, la montagna li tiene in ostaggio

Corda incastrata, soccorsi impossibili: elicotteri a terra e via d’accesso impraticabili. I due tedeschi costretti a scavarsi una tana nella neve per non morire congelati a 4.000 metri

Monte Rosa: due alpinisti appesi al gelo, la montagna li tiene in ostaggio

Il tentativo di soccorso (Sav)

Sono lì, aggrappati a una corda che non si muove più, sospesi tra la vita e il vuoto, con il vento che urla nelle orecchie e la neve che graffia il volto. Due alpinisti tedeschi, saliti per inseguire un sogno di alta quota, si ritrovano da ore intrappolati sul Gemello del Breithorn, a oltre quattromila metri, nel cuore del massiccio del Monte Rosa, tra Italia e Svizzera. Una discesa diventata trappola, quando la corda si è incastrata nella parete e il tempo, improvvisamente, è peggiorato.

Le nuvole hanno inghiottito la montagna, la visibilità si è ridotta a pochi metri, le raffiche di vento hanno reso l’aria tagliente come lame. Gli elicotteri del Soccorso alpino valdostano e della Guardia di Finanza, pronti a intervenire, non hanno potuto alzarsi in volo: troppo pericoloso, troppo instabile. Anche i soccorsi da terra sono rimasti fermi. Il terreno, fatto di canaloni innevati e crepacci che si aprono come ferite, è un campo minato. Un passo falso, e anche i soccorritori rischierebbero di essere risucchiati dal ghiaccio.

E allora non resta che la voce. Quella che, attraverso la radio, continua a collegare gli alpinisti bloccati e chi, più in basso, cerca disperatamente una soluzione. I soccorritori li hanno esortati a scavare una buca nella neve, a rifugiarsi in quella trincea improvvisata contro il vento e l’attesa. È il consiglio che può fare la differenza tra resistere e cedere.

Il tentativo di soccorso (Sav)

Il tentativo di soccorso (Sav)

Il Breithorn, montagna “facile” solo per chi la guarda dal basso

Il Breithorn è una montagna ingannevole. Chi passa dalla funivia del Plateau Rosà, sopra Cervinia, lo osserva come una cima “accessibile”, adatta persino a chi non è alpinista esperto. I suoi 4.164 metri, con la vetta principale che sembra un lungo panettone innevato, attraggono centinaia di escursionisti ogni estate. È considerato uno dei “quattromila facili” delle Alpi. Ma chi conosce la montagna lo sa bene: il Breithorn non perdona. Le creste affilate, i cambi repentini del meteo, i pendii ghiacciati che precipitano nel vuoto hanno già trasformato più volte un’escursione in tragedia.

Il Gemello del Breithorn, dove ora i due tedeschi sono bloccati, è una delle cime meno battute della catena. Più tecnico, più severo, richiede esperienza e sangue freddo. Proprio lì, nel 2018, un alpinista polacco perse la vita durante un’ascensione solitaria. Nel 2022, un altro dramma: due escursionisti francesi rimasero travolti da una slavina improvvisa. La montagna che da lontano appare amica, da vicino diventa crudele.

Una storia che si ripete

Le cronache alpine sono piene di vicende simili. Solo pochi mesi fa, due giovani austriaci rimasero intrappolati sul Cervino per oltre ventiquattr’ore, salvati in extremis dopo una notte passata abbracciati a una parete di ghiaccio. Sul Monte Bianco, ogni anno, decine di escursionisti vengono soccorsi in situazioni disperate, spesso sorpresi da un peggioramento improvviso del tempo o da una sottovalutazione della via scelta.

Il caso dei due tedeschi sul Breithorn ricorda da vicino quello del luglio 2019, quando tre alpinisti furono costretti a passare una notte all’addiaccio sul versante svizzero del Rosa. Anche allora, le squadre di soccorso dovettero attendere ore per intervenire a causa del maltempo, e solo al mattino, con una breve finestra di sole, riuscirono a portarli in salvo.

La montagna ha le sue regole: non sempre vince la tecnologia, non sempre bastano l’elicottero o i droni. A volte, la sola strategia è aspettare, resistere, stringersi al proprio compagno di cordata e sperare che arrivi l’alba.

La lunga notte degli alpinisti

Lassù, a 4.070 metri, la notte non è buia: è infinita. Il vento sibila come una condanna, la temperatura precipita ben sotto lo zero. I due alpinisti sanno che ogni ora diventa più dura: il freddo intorpidisce le mani, la fame e la sete consumano le energie, la paura dilata il tempo. Ma sanno anche che muoversi ora, con la corda incastrata e la montagna ostile, significherebbe andare incontro al baratro.

I soccorritori, in attesa di un varco nelle nuvole, hanno preparato tutto. Non appena il cielo si aprirà, gli elicotteri decolleranno e proveranno a recuperarli con il verricello. È una corsa contro il tempo, ma soprattutto contro la montagna che, per ora, sembra non volerli lasciare andare.

Montagna madre e matrigna

La vicenda dei due alpinisti tedeschi è l’ennesimo promemoria di quanto la montagna sia madre e matrigna insieme. Madre quando concede panorami che mozzano il fiato, matrigna quando, senza preavviso, ti scaraventa nel suo gelo e ti mette alla prova. Non conta l’esperienza, non conta la preparazione: basta un attimo, un errore, un cambiamento del vento, e l’avventura diventa tragedia.

Insomma, il Breithorn oggi ha chiuso le sue porte e non lascia uscire i suoi prigionieri. Due uomini restano là, nel cuore di una montagna ostile, aggrappati a una corda immobile e a una speranza fragile come il ghiaccio che li circonda. In attesa che il cielo si apra e che, finalmente, il rombo di un elicottero spezzi il silenzio.

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